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2014/03/12

Product Placement e bevande alcoliche

La disciplina del product placement (articolo 40 bis del Testo unico sui servizi di media audiovisivi) non contiene limiti all’impiego di bevande alcoliche.  Né possono essere individuati limiti particolari nella disciplina generale applicabile alle  comunicazioni commerciali audiovisive, più ampio genus in cui rientra l’inserimento di prodotti.
L’articolo 36 bis comma 1, lett. e) del Testo Unico, infatti, si limita a prevedere che “le comunicazioni commerciali audiovisive per le bevande alcoliche non si rivolgono specificamente ai minori né incoraggiano il consumo smodato di tali bevande”.
Tuttavia non può ignorarsi la presenza di norme più stringenti contenute nella legge 125/2001 e nel Codice di autoregolamentazione Tv e Minori.
Sebbene tali norme siano riferite alla nozione di pubblicità è altrettanto vero che le stesse inducono ad un approccio di maggior cautela, anche in considerazione del fatto che le stesse sono state emanate in epoca antecedente all’aggiornamento del Testo Unico.

Per completezza si segnala dunque il contenuto delle citate norme:

Articolo 13 della legge 125/2001 “1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le emittenti radiotelevisive pubbliche e private e le agenzie pubblicitarie, unitariamente ai rappresentanti della produzione, tenuto conto anche dell'esigenza di valorizzare le produzioni tipiche ed a denominazione di origine controllata, adottano un codice di autoregolamentazione sulle modalità e sui contenuti dei messaggi pubblicitari relativi alle bevande alcoliche e superalcoliche.
2. È vietata la pubblicità di bevande alcoliche e superalcoliche che:
a) sia trasmessa all'interno di programmi rivolti ai minori e nei quindici minuti precedenti e successivi alla trasmissione degli stessi;
b) attribuisca efficacia o indicazioni terapeutiche che non siano espressamente riconosciute dal Ministero della sanità;
c) rappresenti minori intenti al consumo di alcol ovvero rappresenti in modo positivo l'assunzione di bevande alcoliche o superalcoliche.
3. È vietata la pubblicità diretta o indiretta delle bevande alcoliche e superalcoliche nei luoghi frequentati prevalentemente dai minori di 18 anni di età.
4. È vietata la pubblicità radiotelevisiva di bevande superalcoliche nella fascia oraria dalle 16 alle 19.
5. È inoltre vietata in qualsiasi forma la pubblicità di bevande superalcoliche:
a) sulla stampa giornaliera e periodica destinata ai minori;
b) nelle sale cinematografiche in occasione della proiezione di film destinati prevalentemente alla visione dei minori.
6. La violazione delle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 è punita con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da lire 5 milioni a lire 20 milioni. La sanzione è raddoppiata per ogni ulteriore trasgressione.
7. La sanzione di cui al comma 6 si applica altresì alle industrie produttrici ed ai responsabili delle emittenti radiotelevisive e degli organi di stampa nonché ai proprietari delle sale cinematografiche.”

Articolo 4.4. del Codice di autoregolamentazione Tv e Minori: “La protezione specifica si applica nelle fasce orarie di programmazione in cui si presume che l’ascolto da parte del pubblico in età minore non sia supportato dalla presenza di un adulto (fascia oraria di programmazione dalle 16.00 alle 19.00 e all’interno dei programmi direttamente rivolti ai minori). I messaggi pubblicitari, le promozioni e ogni altra forma di comunicazione commerciale pubblicitaria rivolta ai minori dovranno essere preceduti, seguiti e caratterizzati da elementi di discontinuità ben riconoscibili e distinguibili dalla trasmissione, anche dai bambini che non sanno ancora leggere e da minori disabili. In questa fascia oraria si dovrà evitare la pubblicità in favore di: a) bevande superalcoliche e alcoliche, queste ultime all’interno dei
programmi direttamente rivolti ai minori e nelle interruzioni pubblicitarie immediatamente precedenti e successive (…)”.

2012/06/19

Social Media: come tutelare il marchio d'impresa?

Di seguito l'articolo estratto dalla rubrica "Diritto e Comunicazione" che curo per il Social Business Comunicazione Italiana (Link all Articolo originale)
Nell'articolo sintetizzo brevemente gli spunti offerti in occasione del mio intervento al Forum della Comunicazione tenutosi al Palazzo dei Congressi di Roma lo scorso 5 giugno.
                                                                         
"In occasione del Forum della Comunicazione 2012 abbiamo offerto alcuni spunti sul rapporto tra social media e protezione del marchio d’impresa. In particolare abbiamo osservato come la maggiore visibilità del brand su internet, nell’implicare anche una maggiore esposizione a commenti e recensioni negative, possa determinare ripercussioni sulla reputazione del marchio. Un rischio che tuttavia può essere contenuto, non solo attraverso una efficace attività di monitoraggio e livellamento dei feedback, ma anche e soprattutto attraverso una politica intesa a tutelare in via preventiva l’immagine aziendale, agendo su tutti quei fattori suscettibili di incidere negativamente sulla stessa.
In questa ottica si colloca, per esempio, il rispetto delle norme in tema di pubblicità e, più in generale, in tema di tutela dei consumatori, al fine di evitare che pratiche non corrette o carenze informative possano, di fatto, frustrare l’attività di coinvolgimento e fidelizzazione degli utenti.
Successivamente abbiamo posto l’accento sulla necessità di una maggiore responsabilizzazione dell’azienda, insistendo sull’importanza del ricorso a tre strumenti chiave per la protezione del brand: registrazione dei marchi; monitoraggio dell’attività su internet; predisposizione di un piano di tutela adeguato. E, con particolare riguardo alla registrazione, si è osservato come già in tale sede sia possibile adottare una serie di accorgimenti in grado di estendere il livello di protezione del marchio. Rinviando, tuttavia, l’approfondimento di quest’argomento ad altra occasione, appare utile soffermarsi su un ulteriore aspetto, ovvero sui margini di tutela a fronte di condotte illegittime dei competitor. Immaginiamo, per esempio, l’apertura di un falso account o di un gruppo recante un marchio identico o simile a quello della nostra azienda, o l’impiego dello stesso su pagine estranee alla nostra attività.
Nel mutato contesto dei social media, in cui vengono enfatizzate le funzioni pubblicitarie e di investimento del brand aziendale, anche l’ambito di protezione dello stesso tende a subire un progressivo ampliamento: non si ha più riguardo al marchio tradizionalmente inteso come mero strumento di indicazione dell’origine imprenditoriale dei beni, ma come strumento più che mai inteso a tutelare gli investimenti effettuati dal titolare. Tutela, dunque, contro l’offuscamento e la corrosione in seguito ad abusi che possano pregiudicare l’efficacia distintiva o la reputazione del marchio, ma anche tutela contro il parassitismo connesso a condotte intese a beneficiare fraudolentemente della notorietà e del potere attrattivo del brand.
Il tema della protezione del marchio nell’ambito dei social media impone tra l’altro delicate riflessioni sul bilanciamento degli interessi in gioco. Ci muoviamo, infatti, in una realtà in cui aumentano i soggetti coinvolti e gli interessi rilevanti; compare, tra gli altri, un nuovo interesse: quello del titolare del social network a non veder limitata la propria libertà imprenditoriale, o compromesso - in qualsiasi modo- il proprio business. E ciò si riflette, evidentemente, anche sulla valutazione dei profili di responsabilità ad esso addebitabili in ipotesi di abuso del marchio altrui attraverso la piattaforma: problema che viene risolto, tendenzialmente, ricorrendo al principio generale secondo cui il provider risponde degli illeciti commessi sulla propria piattaforma solo quando sia a conoscenza di tali attività e vi abbia contribuito, ovvero non si sia attivato per la rimozione delle pagine e/o dei contenuti illegittimi nonostante la richiesta del titolare del marchio leso o delle autorità.
Quelli accennati sono solo alcuni dei profili e delle considerazioni che la moderna comunicazione d’impresa impone, ma resta un dato di fatto e cioè l’enorme potenziale innovativo dei social network in rapporto alla spendibilità del marchio d’impresa e la necessità, allo stesso tempo, per ciascuna azienda di vedere adeguatamente tutelato il proprio brand".


Questo tema sarà oggetto di ulteriori approfondimenti in occasione di un ciclo di seminari e convegni che svolgeremo in autunno.
Inoltre, chiunque volesse maggiori informazioni al riguardo può contattarmi all'indirizzo e-mail avv.criromano@gmail.com oppure cristina.romano@lawtaxorg.com.
E' possibile, altresì, visitare la pagina del mio dipartimento sul sito di Metis Legal and Tax reperibile all'indirizzo www.lawtaxorg.com.