Il Cloud computing consiste nella possibilità di memorizzare, archiviare ed elaborare dati mediante l’uso di risorse informatiche virtualizzate. Pur potendosi distinguere tra infrastrutture provate e pubbliche, ciascuna dotata di proprie peculiarità, è possibile individuare dei tratti comuni alle diverse piattaforme.
In particolare, i dati non risiedono fisicamente nell’ambiente informatico del fruitore bensì nel server del provider e ad essi può accedersi unicamente via internet; inoltre la medesima piattaforma può contenere dati di diversi utenti, il che implica tra l’altro la necessità di sistemi di sicurezza adeguati che garantiscano il più elevato livello di protezione e riservatezza.
Il cloud presenta evidenti vantaggi per i fruitori, rappresentati oltre che dalla possibilità di accedere ai dati dal web, anche dalla disponibilità di ampi spazi di memoria e dalla possibilità di conferire a terzi l’incarico di gestire i propri i dati, in un’ottica di esternalizzazione delle attività aziendali.
Accanto agli indiscutibili vantaggi, il cloud presenta anche alcuni rischi, rappresentati innanzitutto dall’effettiva garanzia di disponibilità e accessibilità dei dati che dipende in primo luogo dalla qualità dei servizi di connessione (tematica che si ricollega tra l’altro all’annosa questione della diffusione della banda larga) oltre che dal grado di affidabilità della piattaforma; affidabilità che è richiesta anche in considerazione di un ulteriore rischio, connesso alla protezione dei dati in termini di integrità e sicurezza dei medesimi, anche sotto il profilo della riservatezza.
Tale ultimo aspetto rileva peraltro non solo in relazione alla tutela dei dati del fruitore, ma anche in relazione ad eventuali dati di terzi da quest’ultimo detenuti e rispetto ai quali il provider deve assumere un ruolo attivo di tutela.
Deve peraltro rilevarsi che alcune perplessità sollevate in relazione al fenomeno del cloud derivano anche da una carenza, allo stato attuale, di una normativa che regoli adeguatamente l’uso di tale tecnologia. In assenza di un quadro normativo esaustivo, diventa dunque indispensabile affidarsi ad una regolamentazione contrattuale completa ed efficace che consenta al fruitore del servizio di godere di un adeguato livello di tutela.
Il regolamento contrattuale dovrà recare, infatti, indicazioni dettagliate in merito agli standard del servizio di cloud e alle relative garanzie e responsabilità del provider specialmente in relazione a qualità, sicurezza e riservatezza. Fondamentale, in tale ottica, anche l’individuazione del luogo di conservazione dei dati, al fine di determinare la legge applicabile; problema peraltro particolarmente sentito in considerazione del continuo flusso di dati tra soggetti diversi, come avviene per esempio nell’ipotesi in cui il fornitore del servizio conferisca a terzi l’incarico di conservare parte dei dati acquisiti.
Quelli riportati, naturalmente, sono solo pochi cenni di un tema ben più complesso e articolato, ma pongono in evidenza, anche tenuto conto dell’innovatività di tale servizio e delle lacune normative in materia, la necessità di regolamentarne la fruizione sulla base di parametri contrattuali ben definiti.
A window over a world where the law becomes a tool at the service of creativity, technology and social growth.
2013/04/15
2013/04/02
Il web: luogo di satire e parodie
Il web diventa sempre più luogo di espressione della creatività e basta accedere ai principali siti che contengono video e immagini caricate dagli utenti per rendersi conto delle dimensioni di questo fenomeno.
Tra i numerosissimi video caricati dagli utenti non passano certamente inosservate le parodie che affollano il web; parodie caricate da giovanissimi utenti, ma sempre più spesso anche da professionisti.
Ma quali sono i limiti giuridici di questa espressione di creatività?
Innanzitutto definiamo che cosa deve intendersi per parodia.
Quest’ultima altro non è che una forma di satira e consiste nella rielaborazione creativa per finalità comiche di un’altra opera (ad esempio un film), al fine di suscitare ilarità.
In linea generale l’attività parodistica è giudicata lecita e l’opera in cui si concreta è considerata indipendente rispetto all’opera parodiata e, come tale, suscettibile di tutela secondo le norme del diritto d’autore.
Si ritiene, infatti, che la parodia, in ragione dello stravolgimento concettuale che realizza, nonché delle finalità comiche che si prefigge, costituisca un’opera nuova, non suscettibile di ledere, in alcun modo, l’autore dell’opera parodiata. E ciò quand’anche la parodia sia frutto di un contributo creativo di modesta entità.
Ciò che si osserva, infatti, è che le condizioni innanzi accennate escludono ogni possibilità di concorrenza con l’opera parodiata, rivolgendosi talora anche ad un pubblico differente. In sostanza, anche se la parodia si giova dell’avviamento conseguito dalla preventiva diffusione dell’opera parodiata, allo stesso tempo non le sottrae mercato.
Quindi, quand’è che la parodia diventa illecita?
La parodia diventa illecita, fondamentalmente, quando non presenti lo stravolgimento concettuale che tipicamente la contraddistingue oppure quando contenga un attacco alla personalità dell’autore o, comunque, una sua denigrazione. Esattamente come avviene per la satira in senso stretto, la parodia non deve attribuire fatti non veri alle persone citate, non deve contenere insulti diretti o indiretti e non deve ironizzare su particolari della vita privata che non presentino implicazioni rilevanti tenuto conto delle eventuali cariche pubbliche rivestite dal personaggio.
Tra i numerosissimi video caricati dagli utenti non passano certamente inosservate le parodie che affollano il web; parodie caricate da giovanissimi utenti, ma sempre più spesso anche da professionisti.
Ma quali sono i limiti giuridici di questa espressione di creatività?
Innanzitutto definiamo che cosa deve intendersi per parodia.
Quest’ultima altro non è che una forma di satira e consiste nella rielaborazione creativa per finalità comiche di un’altra opera (ad esempio un film), al fine di suscitare ilarità.
In linea generale l’attività parodistica è giudicata lecita e l’opera in cui si concreta è considerata indipendente rispetto all’opera parodiata e, come tale, suscettibile di tutela secondo le norme del diritto d’autore.
Si ritiene, infatti, che la parodia, in ragione dello stravolgimento concettuale che realizza, nonché delle finalità comiche che si prefigge, costituisca un’opera nuova, non suscettibile di ledere, in alcun modo, l’autore dell’opera parodiata. E ciò quand’anche la parodia sia frutto di un contributo creativo di modesta entità.
Ciò che si osserva, infatti, è che le condizioni innanzi accennate escludono ogni possibilità di concorrenza con l’opera parodiata, rivolgendosi talora anche ad un pubblico differente. In sostanza, anche se la parodia si giova dell’avviamento conseguito dalla preventiva diffusione dell’opera parodiata, allo stesso tempo non le sottrae mercato.
Quindi, quand’è che la parodia diventa illecita?
La parodia diventa illecita, fondamentalmente, quando non presenti lo stravolgimento concettuale che tipicamente la contraddistingue oppure quando contenga un attacco alla personalità dell’autore o, comunque, una sua denigrazione. Esattamente come avviene per la satira in senso stretto, la parodia non deve attribuire fatti non veri alle persone citate, non deve contenere insulti diretti o indiretti e non deve ironizzare su particolari della vita privata che non presentino implicazioni rilevanti tenuto conto delle eventuali cariche pubbliche rivestite dal personaggio.
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