Desideriamo utilizzare una nota filastrocca all'interno di un'opera audiovisiva.
Cosa fare?
Nessun problema se si tratta di un'opera caduta in pubblico dominio.
Ma se così non fosse?
Possono ricorrere due ipotesi.
La prima ipotesi: se si procede ad una rilettura in chiave parodistica, cioè in chiave comica con completo stravolgimento concettuale dell'opera originaria, non occorre l'autorizzazione di autore/editore dell'opera parodiata; la rilettura stessa dell'opera presuppone infatti l'impiego in tutto o in parte della stessa (Tribunale Milano, 15 novembre 1995).
In linea teorica, posto che l'opera parodistica costituisce un'opera dell'ingegno indipendente e autonomamente tutelata rispetto all'opera parodiata (Tribunale Milano 19 gennaio 1996) non dovrebbe ritenersi necessaria neanche l'acquisizione del permesso di sincronizzazione.
Tuttavia, qualora si utilizzasse una registrazione specifica, già pubblicata, occorrerebbe comunque assolvere i diritti del produttore discografico.
La seconda ipotesi: qualora non vi sia una rilettura in chiave parodistica dell'opera si ritiene necessario sia richiedere il consenso per lo sfruttamento dell'opera originaria sia richiedere il permesso di sincronizzazione agli editori dell'opera. Inoltre la Siae riscuoterà il compenso separato spettante agli autori della musica per la diffusione dell'opera audiovisiva.
A window over a world where the law becomes a tool at the service of creativity, technology and social growth.
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2014/02/05
2013/04/02
Il web: luogo di satire e parodie
Il web diventa sempre più luogo di espressione della creatività e basta accedere ai principali siti che contengono video e immagini caricate dagli utenti per rendersi conto delle dimensioni di questo fenomeno.
Tra i numerosissimi video caricati dagli utenti non passano certamente inosservate le parodie che affollano il web; parodie caricate da giovanissimi utenti, ma sempre più spesso anche da professionisti.
Ma quali sono i limiti giuridici di questa espressione di creatività?
Innanzitutto definiamo che cosa deve intendersi per parodia.
Quest’ultima altro non è che una forma di satira e consiste nella rielaborazione creativa per finalità comiche di un’altra opera (ad esempio un film), al fine di suscitare ilarità.
In linea generale l’attività parodistica è giudicata lecita e l’opera in cui si concreta è considerata indipendente rispetto all’opera parodiata e, come tale, suscettibile di tutela secondo le norme del diritto d’autore.
Si ritiene, infatti, che la parodia, in ragione dello stravolgimento concettuale che realizza, nonché delle finalità comiche che si prefigge, costituisca un’opera nuova, non suscettibile di ledere, in alcun modo, l’autore dell’opera parodiata. E ciò quand’anche la parodia sia frutto di un contributo creativo di modesta entità.
Ciò che si osserva, infatti, è che le condizioni innanzi accennate escludono ogni possibilità di concorrenza con l’opera parodiata, rivolgendosi talora anche ad un pubblico differente. In sostanza, anche se la parodia si giova dell’avviamento conseguito dalla preventiva diffusione dell’opera parodiata, allo stesso tempo non le sottrae mercato.
Quindi, quand’è che la parodia diventa illecita?
La parodia diventa illecita, fondamentalmente, quando non presenti lo stravolgimento concettuale che tipicamente la contraddistingue oppure quando contenga un attacco alla personalità dell’autore o, comunque, una sua denigrazione. Esattamente come avviene per la satira in senso stretto, la parodia non deve attribuire fatti non veri alle persone citate, non deve contenere insulti diretti o indiretti e non deve ironizzare su particolari della vita privata che non presentino implicazioni rilevanti tenuto conto delle eventuali cariche pubbliche rivestite dal personaggio.
Tra i numerosissimi video caricati dagli utenti non passano certamente inosservate le parodie che affollano il web; parodie caricate da giovanissimi utenti, ma sempre più spesso anche da professionisti.
Ma quali sono i limiti giuridici di questa espressione di creatività?
Innanzitutto definiamo che cosa deve intendersi per parodia.
Quest’ultima altro non è che una forma di satira e consiste nella rielaborazione creativa per finalità comiche di un’altra opera (ad esempio un film), al fine di suscitare ilarità.
In linea generale l’attività parodistica è giudicata lecita e l’opera in cui si concreta è considerata indipendente rispetto all’opera parodiata e, come tale, suscettibile di tutela secondo le norme del diritto d’autore.
Si ritiene, infatti, che la parodia, in ragione dello stravolgimento concettuale che realizza, nonché delle finalità comiche che si prefigge, costituisca un’opera nuova, non suscettibile di ledere, in alcun modo, l’autore dell’opera parodiata. E ciò quand’anche la parodia sia frutto di un contributo creativo di modesta entità.
Ciò che si osserva, infatti, è che le condizioni innanzi accennate escludono ogni possibilità di concorrenza con l’opera parodiata, rivolgendosi talora anche ad un pubblico differente. In sostanza, anche se la parodia si giova dell’avviamento conseguito dalla preventiva diffusione dell’opera parodiata, allo stesso tempo non le sottrae mercato.
Quindi, quand’è che la parodia diventa illecita?
La parodia diventa illecita, fondamentalmente, quando non presenti lo stravolgimento concettuale che tipicamente la contraddistingue oppure quando contenga un attacco alla personalità dell’autore o, comunque, una sua denigrazione. Esattamente come avviene per la satira in senso stretto, la parodia non deve attribuire fatti non veri alle persone citate, non deve contenere insulti diretti o indiretti e non deve ironizzare su particolari della vita privata che non presentino implicazioni rilevanti tenuto conto delle eventuali cariche pubbliche rivestite dal personaggio.
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