2014/01/14

Riviste tecniche e attività giornalistica

Recentemente la Cassazione, accogliendo un ricorso del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti, ha stabilito che nell’ipotesi in cui una rivista o un periodico a carattere tecnico, professionale o scientifico abbia come direttore un soggetto che non sia un giornalista professionista o pubblicista, i collaboratori della rivista non potranno conseguire l’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti.
Secondo l’opinione della Corte, in ipotesi di questo tipo, infatti, la rivista o il periodico non potrebbero essere considerati mezzi di espressione di attività giornalistica.
La Corte osserva che, sebbene la Legge n. 69 del 1963 non offra una definizione di attività giornalistica, la stessa possa comunque esserne desunta in via interpretativa, muovendo innanzitutto dall’articolo 2 della suddetta che, nell’individuare i diritti e i doveri del giornalista, pone l’accento su alcuni concetti chiave dell’attività giornalistica, quali i concetti di libertà di informazione e di critica, nonché quello di verità sostanziale dei fatti.
La Corte rileva come tali concetti suggeriscono che “il profilo della attività giornalistica, non diversamente di quanto avverte l'uomo comune, è la vocazione a realizzare l'informazione sui fatti ed a farlo rispettando i criteri di verità ed adoperando l'esercizio della critica, cioè di una valutazione, secondo tutti i parametri di giudizio cui si prestano, per il loro modo di essere, da parte dell'uomo”.
La Corte muovendo da tale considerazione e richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali, chiarisce che per attività giornalistica deve intendersi “la prestazione di lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento ed alla elaborazione di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione; il giornalista si pone pertanto come mediatore intellettuale fra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso, nel senso, cioè, che sua funzione è quella di acquisire esso stesso la conoscenza dell'evento, valutarne la rilevanza in funzione della cerchia dei destinatari dell'informazione e confezionare quindi il messaggio con apporto soggettivo ed inventivo; ai fini dell'individuazione dell'attività giornalistica assumono poi rilievo la continuità o la periodicità del servizio, del programma o della testata, nel cui ambito il lavoro è utilizzato, nonché l'attualità delle notizie trasmesse, in ordine alle quali si rinnova quotidianamente l'interesse della generalità dei lettori, differenziandosi la professione giornalistica da altre professioni intellettuali proprio in ragione di una tempestività di informazione diretta a sollecitare i cittadini a prendere conoscenza e coscienza di tematiche meritevoli, per la loro novità, della dovuta attenzione e considerazione”.
La Corte si sofferma, altresì, sulla definizione dell’oggetto dell'attività informativa, inteso come “comunicazione ad una massa indifferenziata di utenti di idee, convinzioni o nozioni, attinenti ai campi più diversi della vita spirituale, sociale, politica, economica, scientifica e culturale, ovvero notizie raccolte ed elaborate con obiettività, anche se non disgiunta da valutazione critica”.
La Corte osserva dunque che benché possano esistere periodici o riviste o altri mezzi espressivi riconducibili al concetto di attività giornalistica in senso lato, occorre che negli stessi assuma prevalenza la finalità informativa nel senso appena specificato.
Tuttavia  – conclude la Corte – qualora il direttore del periodico o della rivista non sia un giornalista professionista o pubblicista, la sua attività non potrà essere considerata “giornalistica” e, conseguentemente, non potrà essere giudicata tale neanche l’attività dei suoi collaboratori.



2013/11/12

Fotografia: cenni giuridici

Le fotografie possono essere classificate in due categorie principali: a) opere fotografiche; b) fotografie semplici.
Le prime sono caratterizzate da connotati di creatività e originalità tali da poterne rendere possibile la qualificazione come vere e proprie opere dell’ingegno, mentre le seconde si limitano a raffigurare aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale senza introdurre elementi di particolare creatività.
La qualificazione prescinde dalla circostanza che siano impiegate tecniche più o meno sofisticate essendo la stessa rimessa alla valutazione dell'interprete (cioè il giudice).  In linea di massima si ritiene che per poter considerare una fotografia come artistica, l’opera deve essere originale e creativa nella forma, intesa sia come forma interna, cioè la risultanza di combinazione di campo, prospettiva, luce e colore, attraverso i quali il fotografo traduce il proprio personale modo di vedere la realtà, sia come forma esterna, cioè il soggetto rappresentato. È ovvio che, invece, il contenuto, essendo parte della realtà, non possa essere di per sé originale, e quindi tale aspetto è del tutto irrilevante ai fini dell’apprezzamento dello sforzo creativo.
Per poter distinguere, quindi, tra un’opera fotografica ed una fotografia semplice, è necessario che sia possibile riconoscere nella fotografia l’impronta di un fotografo piuttosto che un altro.
L'importanza della distinzione risiede fondamentalmente nel tipo di tutela che viene accordata nei due casi; tutela che sarà evidentemente minore nel caso di fotografie semplici.
Qualora una fotografia rientri nella categoria delle “opere fotografiche”, l’autore della stessa sarà titolare dei c.d. diritti d’autore previsti dalle legge n. 633/1941 (“Legge”), declinabili in diritti morali e diritti patrimoniali.
I diritti morali, disciplinati dagli articoli da 20 a 24 della Legge, consistono nel diritto dell'autore di rivendicare la paternità dell'opera e di opporsi a qualsiasi atto a danno dell'opera stessa, che possa essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione. I diritti morali sono inalienabili e non hanno limiti di tempo, potendo essere fatti valere anche dai discendenti dell’autore, dopo la morte dello stesso.
I diritti patrimoniali, disciplinati dagli articoli 12 e 18 bis della Legge, consistono nel diritto di pubblicazione, riproduzione, comunicazione al pubblico, distribuzione e noleggio o prestito. Tali diritti posso essere oggetto di atti di disposizione da parte dell’autore e durano sino al settantesimo anno dopo la morte dell’autore.
Le fotografie semplici, invece, sono oggetto dei c.d. diritti connessi al diritto d’autore ed è ad esse accordata, dunque, la più contenuta disciplina di cui agli articoli 87 e seguenti della Legge.
In particolare, spetta al fotografo il diritto esclusivo di riproduzione e distribuzione dell’opera. Inoltre perché la fotografia possa essere oggetto di tutela occorre che sugli esemplari della stessa siano riportati il nome del fotografo e la data dell'anno di produzione della fotografia.  Qualora gli esemplari non portino le suddette indicazioni, la loro riproduzione non è considerata abusiva e non è dovuto l’equo compenso previsto dagli articoli 91 e 98 della Legge, a meno che il fotografo non provi la malafede del riproduttore.
Il diritto esclusivo sulle fotografie semplici dura vent'anni dalla produzione della fotografia.
Restano infine escluse da qualsiasi protezione le fotografie di “scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili” (art. 87 della Legge), intendendosi come tali quelle aventi mera finalità riproduttivo - documentale e perciò non destinate a funzioni ulteriori, quali ad esempio la commercializzazione o promozione di un prodotto.


2013/10/15

Diritto d’autore: lo schema di regolamento dell’Agcom e i contenuti online

La consultazione pubblica indetta dall’Agcom lo scorso 25 luglio sui contenuti dello schema di regolamento di cui alla delibera 452/13/CONS in tema di diritto d’autore è giunta al termine. Si attende adesso che ne siano resi noti gli esiti.
Il tema è sicuramente scottante, posto che si tratta di bilanciare interessi fortemente contrapposti: da un lato la libertà della rete e la libertà di espressione degli utenti intesa nel senso più ampio, e dall’altro la necessità di tutelare i diritti dei soggetti legittimati sui contenuti digitali.
Il problema centrale sta nel fatto che l’attuale regolamentazione e relativa interpretazione non consentono di creare il giusto contemperamento tra tali interessi, oscillando tra soluzioni estremamente rigorose e restrittive e soluzioni del tutto inefficienti in punto di tutela.
Sebbene lo schema proposto dall’Agcom contenga, ancora una volta, profili discutibili e immancabili incongruenze, si apprezzano alcuni aspetti positivi, tra cui:
- l’esclusione degli utenti finali, ossia dei downloader, dall’ambito soggettivo del regolamento;
- lo sviluppo di forme di autoregolamentazione da parte degli internet service provider per incentivare e promuovere l’offerta legale dei contenuti digitali;
- l’esclusione degli onerosi obblighi di filtraggio preventivo da parte degli internet service provider; soluzione che riflette peraltro l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea;
- la previsione di un intervento mirato dell’internet service provider per la rimozione dei contenuti nelle ipotesi di richiesta da parte del titolare dei diritti;
- la previsione dell’intervento dell’Agcom nelle sole ipotesi in cui l’internet service provider non abbia provveduto alla rimozione dei contenuti illegittimi.
Pur rinviando un esame più approfondito del testo del regolamento ad un momento successivo, ossia all’eventuale definitiva approvazione dello stesso, intanto prendiamo atto del tentativo di un approccio alla materia più equilibrato e costruttivo rispetto al passato. Almeno nelle intenzioni.

2013/09/27

Diffamazione: quale responsabilità per il direttore di un telegiornale?

Sul piano penalistico, la responsabilità del direttore di una testata giornalistica discende dall’art. 57 del codice penale ai sensi del quale "salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vicedirettore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato diminuita di un terzo".

Tuttavia, in ambito radiotelevisivo, tale norma non trova applicazione, in quanto l’equiparazione tra direttore del telegiornale e direttore del giornale vale unicamente in relazione alle responsabilità connesse alla registrazione della testata giornalistica.

La dottrina e la giurisprudenza osservano che, qualora l’illecito abbia natura di reato, in base al predetto articolo 57, il direttore che abbia omesso il dovuto controllo ne risponderà oltre che penalmente anche civilmente.
Non applicandosi tale norma in ambito radiotelevisivo, si è obiettato che il direttore del telegiornale non possa essere chiamato a risarcire, almeno non su tale base normativa, il danno cagionato dal giornalista.

La dottrina, approfondendo il tema, si è chiesta, però, se in caso di illecito che rilevi solo civilmente, il direttore (anche del telegiornale) possa essere chiamato a rispondere per il risarcimento del danno.

A tal proposito si è osservato che il diritto-dovere del direttore di esercitare un sindacato sul contenuto della pubblicazione discende – prima che dall’articolo 57 c.p. – dal proprio ruolo e dai poteri attribuitigli. Pertanto in caso di commissione di un illecito a mezzo stampa, ove sia mancato l’esercizio di tale diritto-dovere, il direttore –avendo contribuito alla determinazione dell’illecito stesso – ben potrebbe essere chiamato a risponderne.

Naturalmente vale, in ogni caso, la precisazione secondo cui ogni valutazione deve essere compiuta in termini di “ragionevolezza”.  E’ evidente, infatti, che non si potrà valutare allo stesso modo la diligenza e la responsabilità del direttore in relazione ad un servizio da quest’ultimo voluto, valutato e consapevolmente diffuso e la responsabilità del direttore rispetto, per esempio, ai contenuti di un’intervista trasmessa in diretta durante il telegiornale, rispetto ai quali non ci si potrebbe ragionevolmente attendere l’esercizio di un sindacato preventivo.

Antitrust: pagamenti online con carta di credito


L’Autorità garante della concorrenza e del mercato è recentemente intervenuta sul delicato tema degli acquisti online, sanzionando una nota compagnia operante nel settore dei viaggi, per aver quest’ultima posto in essere pratiche commerciali scorrette.
L’azienda in particolare avrebbe operato illegittimamente in ragione della a) prospettazione non rispondente al vero della disponibilità di voli e alberghi sul sito internet a prezzi particolarmente vantaggiosi; b) predisposizione, non rispondente ai canoni di correttezza e buona fede, di un sistema di pagamento dei servizi suscettibile di determinare dei blocchi ingiustificati di disponibilità di somme, per periodi prolungati, senza informarne gli utenti; c) divulgazione di informazioni ingannevoli circa le modalità di assistenza fornite ai consumatori mediante un numero telefonico a tariffazione maggiorata.
In particolare l’Autorità ha accertato che la promozione delle offerte di voli aerei e pacchetti viaggio, realizzata dall’azienda mediante il proprio sito internet, risultava ingannevole a causa dell’omissione, sin dal primo contatto, dell’indicazione dei limiti di disponibilità delle offerte e delle voci di costo già conoscibili ex ante (quale il costo di gestione della pratica da parte dell’azienda e quello connesso all’utilizzo, da parte dei consumatori, di distinte tipologie di carte di credito/debito per l’esecuzione del pagamento) cosicché il prezzo complessivo della transazione risultava percepibile solo al termine della procedura di prenotazione, cioè solamente quando veniva richiesto al consumatore l’inserimento dei dati relativi allo strumento di pagamento prescelto.
All’inizio del processo di prenotazione, infatti, compariva quale prezzo unitario per singola offerta disponibile, il prezzo che il consumatore avrebbe pagato, fortemente scontato, qualora avesse fatto ricorso allo specifico strumento di pagamento costituito dalla carta dell’azienda.
Soltanto in una fase successiva, utilizzando una carta di credito diversa da quella dell’azienda, compariva il prezzo complessivo del biglietto in cui il consumatore veniva informato di quanto gli veniva addebitato per l’utilizzo del mezzo di pagamento prescelto (ricompreso peraltro in una voce denominata “spese di gestione” presentata congiuntamente alle tasse, per un totale di x euro per tratta per persona).
L’elevato numero di segnalazioni su pratiche di questo tipo ha dunque determinato l’intervento dell’Autorità che, a seguito, di un articolato iter procedimentale, è pervenuta all’irrogazione, nei confronti della nota azienda, delle sanzioni legislativamente previste.

2013/06/17

La tutela dei contenuti editoriali online e la libertà d’informazione: gli spunti proposti dall’AGCM

Lo scorso 24 maggio, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ha formulato alcune osservazioni in merito alla tutela dei contenuti editoriali su internet. L’Autorità, nel considerare l’importanza del web quale volano per l’economia e per il miglioramento della competitività, ha rilevato la necessità di interventi mirati nel settore dell’editoria; ciò al fine di evitare l’insorgere di meccanismi che possano condurre ad una non adeguata strutturazione dell’offerta nonché ad una alterazione dei meccanismi competitivi tra i soggetti operanti nel mercato di riferimento.
Diventa dunque fondamentale riflettere su questi rischi e sulla conseguente necessità di adoperarsi, sia in sede nazionale che europea, per individuare soluzioni che possano consentire lo sviluppo del settore in un sistema equilibrato in cui trovino un adeguato bilanciamento tutti gli interessi coinvolti, ossia: (i) l’interesse degli editori a monetizzare il valore della propria attività online; (ii) l’interesse degli aggregatori di notizie a non veder eccessivamente costretta la propria attività in limiti non sopportabili, specialmente in caso di operatori di piccole dimensioni e con minori risorse; (iii) l’interesse degli utenti a veder tutelato il proprio diritto all’informazione; (iv) l’interesse pubblico allo sviluppo di una economia digitale, rispettosa delle norme in tema di diritto d’autore e concorrenza, da contemperarsi con i principi fondamentali connessi alla libertà di iniziativa economica.
È evidente che il contemperamento di tali interessi risulta essere nei fatti assai complesso, proprio perché ben spesso gli stessi tendono a porsi in assoluta contrapposizione; ciò cui si aggiunge tra l’altro il rischio che i player di maggior rilievo e struttura (nello specifico gli editori tradizionali che operino anche sul web) possano risultare maggiormente favoriti rispetto alle figure di nuova emersione. Ciò pertanto impone la necessità di una grande cautela nell’affrontare la questione in esame.
Nell’osservare ciò che è avvenuto negli altri Paesi Europei, di fatto ci si rende conto di come sia impossibile ravvisare una soluzione univoca che possa essere oggetto di condivisione generale, ma un breve richiamo ad alcune esperienze significative può apparire interessante.
Ad esempio, in Francia è stato sottoscritto un accordo fra Google e gli editori, che permetterà a questi ultimi di beneficiare di un fondo di 60 milioni di euro stanziati da Google, al fine di sostenere la transizione digitale della stampa e i relativi investimenti ed innovazioni. Il perimetro dell’accordo concerne la stampa c.d. “d’informazione politica e generale”, che raggruppa la stampa quotidiana nazionale e regionale e la stampa periodica. Il fondo sarà dotato di una governance aperta con un Consiglio di Amministrazione, composto da membri indipendenti, e funzionerà attraverso il finanziamento di progetti ritenuti meritevoli, unitamente al partenariato tecnico ed alla collaborazione di Google per lo sviluppo dei progetti finanziati. Tuttavia, secondo l’opinione dell’Agcm, tale soluzione non apparirebbe pienamente compatibile con i principi concorrenziali e non si presterebbe ad essere utilizzata in termini sistemici e strutturati; di più soluzioni di questo tipo sembrerebbero configurarsi come forme generiche di compensazione, piuttosto che come misure volte ad assicurare lo sviluppo nel tempo di nuove modalità di sfruttamento delle risorse offerte dalla rete.
Una via preferibile, secondo l’Agcm, potrebbe piuttosto essere quella prescelta dall’ordinamento tedesco, che ha optato per l’introduzione di un diritto connesso al diritto d’autore a favore degli editori di stampa sull’utilizzo in internet dei propri contenuti per fini commerciali, facendo salva la pubblicazione di singole parole o di sintesi limitate dei testi.
In linea generale, l’Autorità auspica soluzioni intese alla ridefinizione della disciplina del diritto d’autore che, consentendo la partecipazione dei soggetti impegnati nella produzione e diffusione di contenuti informativi ai benefici derivanti dalla diffusione di tali prodotti sulla rete, determinino un evidente vantaggio sotto il profilo dell’efficienza allocativa statica e dinamica dei mercati afferenti al settore.

2013/05/14

Agcom: indagine conoscitiva su servizi internet e pubblicità online

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, con delibera n. 39/13/CONS, ha avviato un’indagine conoscitiva avente ad oggetto i servizi internet e la pubblicità online.
L’Autorità ha infatti rilevato come, nonostante l’estrema varietà e polverizzazione di internet, il mercato pubblicitario on line sia connotato da una elevata e strutturale concentrazione e come eventuali strozzature concorrenziali nella raccolta pubblicitaria on line potrebbero determinare effetti negativi sia sulla natura stessa, aperta e competitiva, di internet sia sulle informazioni e notizie a disposizione di cittadini e utenti.
Di qui, anche tenuto conto della rilevanza strategica della rete e dei riflessi sugli assetti e sulle dinamiche competitive di tutti i mezzi di comunicazione di massa dell’evoluzione digitale, l’Autorità ha ritenuto opportuno procedere ad un’indagine conoscitiva che permettesse un monitoraggio della rete sia sul versante della raccolta pubblicitaria sia sul versante della fornitura dei nuovi servizi di comunicazione agli utenti.
Soltanto analizzando la struttura dell’intera filiera produttiva, i modelli economici e finanziari sottostanti le nuove piattaforme digitali, nonché le eventuali criticità nella struttura concorrenziale, sarà possibile secondo l’Autorità riuscire a valutare i benefici e i costi degli interventi legislativi e regolamentari nel predetto settore, valutando altresì le modalità dei nuovi interventi.
Nell’ambito di tale indagine, l’Agcom ha avviato una consultazione conoscitiva rivolta a tutti i soggetti attivi, a qualsiasi titolo, sul web. Mediante tale consultazione l’Autorità si pone l’obiettivo di acquisire informazioni sull’uso di internet dando la possibilità a tutti coloro che utilizzano la rete in qualità sia di utenti sia di fornitori di servizi in rete, di segnalare ed evidenziare il loro punto di vista in merito ai temi individuati sull’accesso e l’utilizzo di internet e dei suoi servizi.
In particolare, si va dalle apparecchiature utilizzate per la navigazione in rete (e i relativi sistemi operativi), ai motori di ricerca e ai social network, fino a richiedere contributi su come ci si informa sul web.
Alla consultazione, che terminerà il 1° luglio, potranno dunque partecipare tutti i soggetti interessati, mediante la compilazione di un semplice modulo, reperibile sul sito dell’Autorità.