Una bella novità...
Tra qualche giorno avrò una piccola comunità di bimbi in qualche parte del mondo a cui pensare!
L'adozione a distanza non è certo come il volontariato sul campo...
ma è pur sempre un piccolo aiuto!
Quella spesa mensile che per me equivale alla rinuncia di un abito o di una borsa, per quei bimbi rappresenta la possibilità di un pasto caldo, di un vestito, di una medicina...
Ma per quanto irrisorie possano essere le cifre per un'adozione a distanza, questo non significa che non debba essere una scelta consapevole.
Adottare un bimbo, anche con queste modalità, è un impegno da portare avanti; e non va preso sulla scia della "stretta al cuore" che senti quando vedi un servizio in tv, ma è una scelta che va maturata.
E' il desiderio profondo di giustizia.
E' il desiderio di veder esauditi i diritti fondamentali di tutti.
Ed è una scelta che ti fa sentire bene, non perchè hai esaudito un tuo bisogno egoistico, ma perchè sai di aver contribuito al benessere di qualcun altro.
Un benessere cui quel qualcuno aveva diritto, esattamente come vi hai diritto tu.
A window over a world where the law becomes a tool at the service of creativity, technology and social growth.
2010/07/06
2010/07/05
Vorrei un mondo...
Vorrei un mondo in cui poter respirare aria pura
vorrei un mondo che vivesse dell'energia del sole, dell'acqua e del vento
un mondo in cui le albicocche sanno di albicocche e le fragole di fragole
un mondo in cui il mare, le spiagge e le montagne siano il più piacevole degli scenari
un mondo in cui il cemento non aggredisce ma sposa la natura
un mondo i cui abitanti vivano nel rispetto dell'ambiente
un mondo in cui la tecnologia non sostituisce ma aiuta l'uomo
vorrei soltanto un mondo più semplice, più pulito, più vero
Salviamo il nostro mondo, impariamo il rispetto per noi stessi, per gli altri, per la natura.
La salvezza è possibile ed è racchiusa in poche parole:
energia alternativa, agricoltura biologica, bioarchitettura...
vorrei un mondo che vivesse dell'energia del sole, dell'acqua e del vento
un mondo in cui le albicocche sanno di albicocche e le fragole di fragole
un mondo in cui il mare, le spiagge e le montagne siano il più piacevole degli scenari
un mondo in cui il cemento non aggredisce ma sposa la natura
un mondo i cui abitanti vivano nel rispetto dell'ambiente
un mondo in cui la tecnologia non sostituisce ma aiuta l'uomo
vorrei soltanto un mondo più semplice, più pulito, più vero
Salviamo il nostro mondo, impariamo il rispetto per noi stessi, per gli altri, per la natura.
La salvezza è possibile ed è racchiusa in poche parole:
energia alternativa, agricoltura biologica, bioarchitettura...
Nel terzo mondo si muore ancora
Vorrei scrivere due righe che col diritto hanno poco a che fare, o meglio, che col diritto avrebbero molto a che fare, ove si riconoscesse davvero il "diritto alla vita" di qualsiasi essere umano.
Stamattina ho notato un link che girava su Facebook, in cui veniva mostrato un bambino completamente denutrito; il titolo recitava: "un vip muore...100 link...19000 bambini muoiono ogni giorno per denutrizione e malattie associate ma nessuno dice niente".
Che la morte di un personaggio pubblico colpisca è umano e inevitabile, specialmente quando si tratta di un ragazzo così giovane. E francamente anch'io ho provato dispiacere. Per lui, per la compagna e per questa bimba che crescerà senza il padre.
Però, effettivamente, questo link ha sollevato un problema molto importante: l'attenzione che in Occidente rivolgiamo ai paesi più poveri e alla sorte delle persone che li popolano.
Guerre, malattie, fame... sono solo alcuni dei gravi problemi che li attanagliano.
E ciascuno di essi è la violazione di un diritto fondamentale, proprio quei diritti che nelle nostre "Carte internazionali" vengono dichiarati a gran voce...
Cosa facciamo per quei paesi, oltre a vender loro armi o testare farmaci sui loro figli come fossero cavie?
Quanti di noi fanno ogni giorno qualcosa o conoscono qualcuno che fa qualcosa per quei popoli?
La maggior parte di noi non si pone il problema. Gli altri si limitano ad una stretta al cuore prima di riprendere la loro vita; una minima percentuale opera in concreto...con le adozioni a distanza, con le donazioni, o facendo volontariato.
Prima di ogni cosa dovremmo imparare che tutti, su questo pianeta, hanno diritto a vivere e a vivere dignitosamente; che tutti hanno diritto ad avere acqua, cibo, medicine, vestiti e istruzione; che tutti hanno diritto al calore di una casa e di una famiglia.
Purtroppo, però, quando si va nel campo dei diritti fondamentali tutti fanno orecchie da mercante.
Stamattina ho notato un link che girava su Facebook, in cui veniva mostrato un bambino completamente denutrito; il titolo recitava: "un vip muore...100 link...19000 bambini muoiono ogni giorno per denutrizione e malattie associate ma nessuno dice niente".
Che la morte di un personaggio pubblico colpisca è umano e inevitabile, specialmente quando si tratta di un ragazzo così giovane. E francamente anch'io ho provato dispiacere. Per lui, per la compagna e per questa bimba che crescerà senza il padre.
Però, effettivamente, questo link ha sollevato un problema molto importante: l'attenzione che in Occidente rivolgiamo ai paesi più poveri e alla sorte delle persone che li popolano.
Guerre, malattie, fame... sono solo alcuni dei gravi problemi che li attanagliano.
E ciascuno di essi è la violazione di un diritto fondamentale, proprio quei diritti che nelle nostre "Carte internazionali" vengono dichiarati a gran voce...
Cosa facciamo per quei paesi, oltre a vender loro armi o testare farmaci sui loro figli come fossero cavie?
Quanti di noi fanno ogni giorno qualcosa o conoscono qualcuno che fa qualcosa per quei popoli?
La maggior parte di noi non si pone il problema. Gli altri si limitano ad una stretta al cuore prima di riprendere la loro vita; una minima percentuale opera in concreto...con le adozioni a distanza, con le donazioni, o facendo volontariato.
Prima di ogni cosa dovremmo imparare che tutti, su questo pianeta, hanno diritto a vivere e a vivere dignitosamente; che tutti hanno diritto ad avere acqua, cibo, medicine, vestiti e istruzione; che tutti hanno diritto al calore di una casa e di una famiglia.
Purtroppo, però, quando si va nel campo dei diritti fondamentali tutti fanno orecchie da mercante.
La vita può essere affrontata in due modi:
chiudendosi in una bolla e ignorando ciò che accade al di fuori di essa; o
vivendo calati nella realtà, con consapevolezza e senso critico, apprezzandone le meraviglie e denunciandone le storture.
A voi la scelta di come vivere...
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2010/06/08
Gli italiani non sono un "popolo": un esempio di anti-nazionalismo
Un giorno, due post.
La verità è che sono davvero molto arrabbiata. Meglio, indignata.
Ieri sera mi chiedevo come sia possibile essere giunti all'odierno stato di cose in Italia, a questo diffuso e larvato menefreghismo, ad una generale e monocorde passività.
Mi chiedevo come fosse possibile che dinanzi allo sprofondare di questa nazione, nessuno reagisse.
Mi chiedevo come fosse possibile che la rivoluzione francese non avesse insegnato nulla.
La risposta, come ancora a quasi 30 avviene, mi è giunta dai miei genitori.
Gli Italiani, a differenza dei francesi, contraddistinti da un vivace e atavico nazionalismo, non sono un POPOLO!
Ed è vero...è così.
Per quanto mi rendessi conto della scarsa coesione che ci caratterizza, non ero mai giunta a valutare il problema in questi termini.
Non penso tanto alla abusata differenza tra Nord e Sud, tra Settentrionali e Meridionali, che mi fa anche abbastanza ridere, considerando che i più accaniti sostenitori della "scissione" hanno mogli o madri del profondo Sud, ma penso all'assenza di un sentimento di appartenenza ad un'unica realtà nazionale.
Raramente gli Italiani si sono sentiti uniti sotto un'unica bandiera: ciò è avvenuto in relazione ad eventi eccezionali, penso a Nassirya o al terremoto in Abruzzo.
Ciò fa pensare che in fondo ai nostri cuori questo sentimento di appartenenza esista, ma non sia sufficientemente coltivato.
Non lo è da parte di ciascuno di noi, non lo è da parte delle istituzioni che trattano gli italiani come un carro di bestiame.
Perchè questa è la verità...
A volte mi guardo intorno e mi sento disarmata.
La televisione, sia sul piano dell'informazione che dell'intrattenimento, è lo specchio di ciò che siamo diventati.
L'Italia diventa un tutt'uno solo in quanto passivo spettatore di un gioco allestito dai "potenti", un gioco che mira a spegnere il senso critico e l'amore per la cultura; un gioco che distrae dai problemi reali e che infarcisce le nostre menti di falsi miti e vuota retorica.
Mi preoccupo per me, per i miei nipotini che in questo mondo stanno crescendo e per i figli che se Dio vorrà un giorno verranno. Ultimamente mi chiedo spesso come vivranno, che problemi avranno...se tutti questi pensieri li hanno avuti gli adulti di tutte le epoche. La risposta è probabilmente affermativa, eppure ritengo che il declino di quest'epoca sia particolarmente significativo.
Come nel Medioevo aveva fatto il Cristianesimo, la televisione (capro espiatorio di un generale modello d'informazione) oggi acceca la ragione e spegne gli ideali, trasformando le persone in un branco di capre che non conosce autonomia di pensiero e movimento.
Di persone savie ce ne sono ancora, ma anche tra di esse poche sono quelle veramente fattive.
Questo declino sarà fermato soltanto se e quando gli italiani scopriranno di appartenere alla medesima razza, di essere un popolo, di avere dei diritti e di poterli far valere unendo le forze. Soltanto quando gli italiani si renderanno conto di cosa significa parlare di dignità ed autonomia di pensiero, allora forse riscopriranno il potere che essi, e soltanto loro, hanno di imprimere una nuova direzione al paese.
Non posso inneggiare ad una rivoluzione simil-francese, poichè non credo nella violenza, anche se mi chiedo quale possa essere la strada per eliminare ciò che non va.
Quel che ci resta, comunque, è quanto meno una rivoluzione culturale che sia in grado di trascinare anche le menti più pigre verso una rinascita.
La verità è che sono davvero molto arrabbiata. Meglio, indignata.
Ieri sera mi chiedevo come sia possibile essere giunti all'odierno stato di cose in Italia, a questo diffuso e larvato menefreghismo, ad una generale e monocorde passività.
Mi chiedevo come fosse possibile che dinanzi allo sprofondare di questa nazione, nessuno reagisse.
Mi chiedevo come fosse possibile che la rivoluzione francese non avesse insegnato nulla.
La risposta, come ancora a quasi 30 avviene, mi è giunta dai miei genitori.
Gli Italiani, a differenza dei francesi, contraddistinti da un vivace e atavico nazionalismo, non sono un POPOLO!
Ed è vero...è così.
Per quanto mi rendessi conto della scarsa coesione che ci caratterizza, non ero mai giunta a valutare il problema in questi termini.
Non penso tanto alla abusata differenza tra Nord e Sud, tra Settentrionali e Meridionali, che mi fa anche abbastanza ridere, considerando che i più accaniti sostenitori della "scissione" hanno mogli o madri del profondo Sud, ma penso all'assenza di un sentimento di appartenenza ad un'unica realtà nazionale.
Raramente gli Italiani si sono sentiti uniti sotto un'unica bandiera: ciò è avvenuto in relazione ad eventi eccezionali, penso a Nassirya o al terremoto in Abruzzo.
Ciò fa pensare che in fondo ai nostri cuori questo sentimento di appartenenza esista, ma non sia sufficientemente coltivato.
Non lo è da parte di ciascuno di noi, non lo è da parte delle istituzioni che trattano gli italiani come un carro di bestiame.
Perchè questa è la verità...
A volte mi guardo intorno e mi sento disarmata.
La televisione, sia sul piano dell'informazione che dell'intrattenimento, è lo specchio di ciò che siamo diventati.
L'Italia diventa un tutt'uno solo in quanto passivo spettatore di un gioco allestito dai "potenti", un gioco che mira a spegnere il senso critico e l'amore per la cultura; un gioco che distrae dai problemi reali e che infarcisce le nostre menti di falsi miti e vuota retorica.
Mi preoccupo per me, per i miei nipotini che in questo mondo stanno crescendo e per i figli che se Dio vorrà un giorno verranno. Ultimamente mi chiedo spesso come vivranno, che problemi avranno...se tutti questi pensieri li hanno avuti gli adulti di tutte le epoche. La risposta è probabilmente affermativa, eppure ritengo che il declino di quest'epoca sia particolarmente significativo.
Come nel Medioevo aveva fatto il Cristianesimo, la televisione (capro espiatorio di un generale modello d'informazione) oggi acceca la ragione e spegne gli ideali, trasformando le persone in un branco di capre che non conosce autonomia di pensiero e movimento.
Di persone savie ce ne sono ancora, ma anche tra di esse poche sono quelle veramente fattive.
Questo declino sarà fermato soltanto se e quando gli italiani scopriranno di appartenere alla medesima razza, di essere un popolo, di avere dei diritti e di poterli far valere unendo le forze. Soltanto quando gli italiani si renderanno conto di cosa significa parlare di dignità ed autonomia di pensiero, allora forse riscopriranno il potere che essi, e soltanto loro, hanno di imprimere una nuova direzione al paese.
Non posso inneggiare ad una rivoluzione simil-francese, poichè non credo nella violenza, anche se mi chiedo quale possa essere la strada per eliminare ciò che non va.
Quel che ci resta, comunque, è quanto meno una rivoluzione culturale che sia in grado di trascinare anche le menti più pigre verso una rinascita.
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L'Islanda: un modello di civiltà (il ddl informazione)
Tutto mi sarei aspettata nella vita, tranne di vedere l'Italia superata da una piccola isola vicina al circolo polare artico! Un'isola famosa per i paesaggi mozzafiato, per il clima estremamente variabile e, ultimamente, per l'eruzione che ha mandato in tilt il traffico aereo di mezzo mondo...l'Islanda!
Con grande sorpresa ho scoperto che nel momento in cui noi siamo prossimi a veder imbavagliata la nostra libertà d'informazione, in quella piccola isola nell'estremo nord dell'Europa, è in fase di elaborazione un disegno di legge che rappresenta un inno alla libertà d'informazione!
Ispirandosi ai contenuti delle migliori leggi straniere, l'Islanda mira a creare un nuovo tessuto normativo che promuove il giornalismo in tutti i suoi aspetti e, più in generale, la libertà d'espressione.
In esso spicca la promozione del giornalismo d'inchiesta, quello che il nostro ddl alfano sta deliberatamente cercando di estinguere; nonchè la tutela dei giornalisti e degli editori da strumentali azioni diffamatorie; ed infine la segretezza delle fonti giornalistiche.
E' inutile dire che tra le leggi che hanno ispirato questo portentoso disegno di legge non appare citata la legge italiana...ed è inutile osservare quanto profondo sia lo iato tra l'iniziativa islandese e la speculare iniziativa italiana.
Sarebbe forse il caso che i "grandi" paesi europei, malati di presunzione e vanagloria, prendessero lezioni di umiltà e concretezza da quei "piccoli" paesi europei, che rappresentano veri modelli di civiltà.
Con grande sorpresa ho scoperto che nel momento in cui noi siamo prossimi a veder imbavagliata la nostra libertà d'informazione, in quella piccola isola nell'estremo nord dell'Europa, è in fase di elaborazione un disegno di legge che rappresenta un inno alla libertà d'informazione!
Ispirandosi ai contenuti delle migliori leggi straniere, l'Islanda mira a creare un nuovo tessuto normativo che promuove il giornalismo in tutti i suoi aspetti e, più in generale, la libertà d'espressione.
In esso spicca la promozione del giornalismo d'inchiesta, quello che il nostro ddl alfano sta deliberatamente cercando di estinguere; nonchè la tutela dei giornalisti e degli editori da strumentali azioni diffamatorie; ed infine la segretezza delle fonti giornalistiche.
E' inutile dire che tra le leggi che hanno ispirato questo portentoso disegno di legge non appare citata la legge italiana...ed è inutile osservare quanto profondo sia lo iato tra l'iniziativa islandese e la speculare iniziativa italiana.
Sarebbe forse il caso che i "grandi" paesi europei, malati di presunzione e vanagloria, prendessero lezioni di umiltà e concretezza da quei "piccoli" paesi europei, che rappresentano veri modelli di civiltà.
2010/05/31
Il ddl intercettazioni, sinonimo di anti-democraticità
In questi giorni si discute molto di libertà di stampa e da operatrice del settore vivo con una certa apprensione e con grande attesa le ultime battute della vicenda che riguarda il "Ddl intercettazioni ".
Allo stato, l'unica certezza è che di sicuro non mancheranno validi motivi per ricorrere alla Corte Europea dei diritti dell'uomo.
In qualsiasi manuale, articolo, commento in cui si parli di libertà d'informazione, così come nella copiosa giurisprudenza in tema di diritti dell'uomo, ricorre immancabilmente una frase che recita così: "la libertà d'informazione è il fondamento essenziale di una società di stampo democratico".
Il decreto sulle intercettazioni è il più chiaro segno di anti-democraticità del sistema politico italiano: in primo luogo, riducendo la possibilità di uso delle intercettazioni rende assai più difficoltoso il lavoro delle forze dell'ordine e dei magistrati, rischiando di lasciare impuniti gravi reati; ed in secondo luogo, imbavagliando la cronaca giudiziaria, priva i cittadini del diritto ad essere informati su questioni di interesse generale, nonchè del diritto di esercitare il controllo sulla corretta amministrazione della giustizia e, più in generale, della cosa pubblica.
E' chiaro che ancora una volta si tratta di norme che, pur adottate per il simulato fine di rafforzare il diritto alla riservatezza degli indagati/imputati di processi penali, nascondono in realtà l'obiettivo di tutelare interessi di parte.
La classe politica e i gruppi dirigenziali ad essa vicini sono quelli che più hanno bisogno di "tutela" .... e non per ragioni di riservatezza, ma per ragioni di "vulnerabilità".
Ostacolare l'accertamento giudiziario dei reati, restringendo le possibilità di ricorso ad uno strumento fino ad oggi molto utile nelle indagini, significa guadagnare un pass per l'impunità; ed impedire ai cittadini di conoscere dei procedimenti penali in corso significa non perdere consensi, evitando il fomarsi di un'opinione pubblica aderente alla realtà.
Se lo stato della libertà di stampa denota la forma di governo di uno Stato, allora probabilmente da domani il nostro Presidente del Consiglio potrà dire che l'Italia non è più soggetta ad un governo democratico, ma ad una dittatura perchè, per chi non se ne fosse reso ancora conto, questo decreto svuota di sostanza uno dei pilastri della democrazia, ovvero il controllo da parte del popolo sull'amministrazione della res publica.
Allo stato, l'unica certezza è che di sicuro non mancheranno validi motivi per ricorrere alla Corte Europea dei diritti dell'uomo.
In qualsiasi manuale, articolo, commento in cui si parli di libertà d'informazione, così come nella copiosa giurisprudenza in tema di diritti dell'uomo, ricorre immancabilmente una frase che recita così: "la libertà d'informazione è il fondamento essenziale di una società di stampo democratico".
Il decreto sulle intercettazioni è il più chiaro segno di anti-democraticità del sistema politico italiano: in primo luogo, riducendo la possibilità di uso delle intercettazioni rende assai più difficoltoso il lavoro delle forze dell'ordine e dei magistrati, rischiando di lasciare impuniti gravi reati; ed in secondo luogo, imbavagliando la cronaca giudiziaria, priva i cittadini del diritto ad essere informati su questioni di interesse generale, nonchè del diritto di esercitare il controllo sulla corretta amministrazione della giustizia e, più in generale, della cosa pubblica.
E' chiaro che ancora una volta si tratta di norme che, pur adottate per il simulato fine di rafforzare il diritto alla riservatezza degli indagati/imputati di processi penali, nascondono in realtà l'obiettivo di tutelare interessi di parte.
La classe politica e i gruppi dirigenziali ad essa vicini sono quelli che più hanno bisogno di "tutela" .... e non per ragioni di riservatezza, ma per ragioni di "vulnerabilità".
Ostacolare l'accertamento giudiziario dei reati, restringendo le possibilità di ricorso ad uno strumento fino ad oggi molto utile nelle indagini, significa guadagnare un pass per l'impunità; ed impedire ai cittadini di conoscere dei procedimenti penali in corso significa non perdere consensi, evitando il fomarsi di un'opinione pubblica aderente alla realtà.
Se lo stato della libertà di stampa denota la forma di governo di uno Stato, allora probabilmente da domani il nostro Presidente del Consiglio potrà dire che l'Italia non è più soggetta ad un governo democratico, ma ad una dittatura perchè, per chi non se ne fosse reso ancora conto, questo decreto svuota di sostanza uno dei pilastri della democrazia, ovvero il controllo da parte del popolo sull'amministrazione della res publica.
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