2013/09/27

Diffamazione: quale responsabilità per il direttore di un telegiornale?

Sul piano penalistico, la responsabilità del direttore di una testata giornalistica discende dall’art. 57 del codice penale ai sensi del quale "salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vicedirettore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato diminuita di un terzo".

Tuttavia, in ambito radiotelevisivo, tale norma non trova applicazione, in quanto l’equiparazione tra direttore del telegiornale e direttore del giornale vale unicamente in relazione alle responsabilità connesse alla registrazione della testata giornalistica.

La dottrina e la giurisprudenza osservano che, qualora l’illecito abbia natura di reato, in base al predetto articolo 57, il direttore che abbia omesso il dovuto controllo ne risponderà oltre che penalmente anche civilmente.
Non applicandosi tale norma in ambito radiotelevisivo, si è obiettato che il direttore del telegiornale non possa essere chiamato a risarcire, almeno non su tale base normativa, il danno cagionato dal giornalista.

La dottrina, approfondendo il tema, si è chiesta, però, se in caso di illecito che rilevi solo civilmente, il direttore (anche del telegiornale) possa essere chiamato a rispondere per il risarcimento del danno.

A tal proposito si è osservato che il diritto-dovere del direttore di esercitare un sindacato sul contenuto della pubblicazione discende – prima che dall’articolo 57 c.p. – dal proprio ruolo e dai poteri attribuitigli. Pertanto in caso di commissione di un illecito a mezzo stampa, ove sia mancato l’esercizio di tale diritto-dovere, il direttore –avendo contribuito alla determinazione dell’illecito stesso – ben potrebbe essere chiamato a risponderne.

Naturalmente vale, in ogni caso, la precisazione secondo cui ogni valutazione deve essere compiuta in termini di “ragionevolezza”.  E’ evidente, infatti, che non si potrà valutare allo stesso modo la diligenza e la responsabilità del direttore in relazione ad un servizio da quest’ultimo voluto, valutato e consapevolmente diffuso e la responsabilità del direttore rispetto, per esempio, ai contenuti di un’intervista trasmessa in diretta durante il telegiornale, rispetto ai quali non ci si potrebbe ragionevolmente attendere l’esercizio di un sindacato preventivo.

Antitrust: pagamenti online con carta di credito


L’Autorità garante della concorrenza e del mercato è recentemente intervenuta sul delicato tema degli acquisti online, sanzionando una nota compagnia operante nel settore dei viaggi, per aver quest’ultima posto in essere pratiche commerciali scorrette.
L’azienda in particolare avrebbe operato illegittimamente in ragione della a) prospettazione non rispondente al vero della disponibilità di voli e alberghi sul sito internet a prezzi particolarmente vantaggiosi; b) predisposizione, non rispondente ai canoni di correttezza e buona fede, di un sistema di pagamento dei servizi suscettibile di determinare dei blocchi ingiustificati di disponibilità di somme, per periodi prolungati, senza informarne gli utenti; c) divulgazione di informazioni ingannevoli circa le modalità di assistenza fornite ai consumatori mediante un numero telefonico a tariffazione maggiorata.
In particolare l’Autorità ha accertato che la promozione delle offerte di voli aerei e pacchetti viaggio, realizzata dall’azienda mediante il proprio sito internet, risultava ingannevole a causa dell’omissione, sin dal primo contatto, dell’indicazione dei limiti di disponibilità delle offerte e delle voci di costo già conoscibili ex ante (quale il costo di gestione della pratica da parte dell’azienda e quello connesso all’utilizzo, da parte dei consumatori, di distinte tipologie di carte di credito/debito per l’esecuzione del pagamento) cosicché il prezzo complessivo della transazione risultava percepibile solo al termine della procedura di prenotazione, cioè solamente quando veniva richiesto al consumatore l’inserimento dei dati relativi allo strumento di pagamento prescelto.
All’inizio del processo di prenotazione, infatti, compariva quale prezzo unitario per singola offerta disponibile, il prezzo che il consumatore avrebbe pagato, fortemente scontato, qualora avesse fatto ricorso allo specifico strumento di pagamento costituito dalla carta dell’azienda.
Soltanto in una fase successiva, utilizzando una carta di credito diversa da quella dell’azienda, compariva il prezzo complessivo del biglietto in cui il consumatore veniva informato di quanto gli veniva addebitato per l’utilizzo del mezzo di pagamento prescelto (ricompreso peraltro in una voce denominata “spese di gestione” presentata congiuntamente alle tasse, per un totale di x euro per tratta per persona).
L’elevato numero di segnalazioni su pratiche di questo tipo ha dunque determinato l’intervento dell’Autorità che, a seguito, di un articolato iter procedimentale, è pervenuta all’irrogazione, nei confronti della nota azienda, delle sanzioni legislativamente previste.