La notizia buona.
Questa mattina, con alcuni membri di "Quelli ke vogliono cambiare Napoli", a Piazza Plebiscito, abbiamo dato vita alla prima piccola iniziativa di sensibilizzazione dei cittadini.
I primi volantini, le prime reazioni.
Il primo passo, il primo piccolo risultato. Ma pur sempre un inizio, cui spero faccia seguito un moltiplicarsi di inziative e campagne di informazione.
E' questo, infatti, il punto di partenza per poter realizzare quel cambiamento che tanto desideriamo e per poter vedere esaudite quelle proposte che nella nostra mente vanno progressivamente delineandosi.
Questi sono i passi più difficili, perchè sono quelli in cui dobbiamo "rompere il ghiaccio", quelli in cui dobbiamo superare il muro di resistenza, indifferenza e diffidenza dei cittadini.
Ma dobbiamo essere determinati e avere pazienza, perchè sono certa che, quando avremo raggiunto credibilità e visibilità, quel muro si sgretolerà in mille pezzi.
Noi dobbiamo e possiamo diventare il cuscinetto tra un'amministrazione inesistente e una dilagante criminalità, quel cuscinetto che consentirà ai cittadini di scorgere la prospettiva di un mutamento, un'alternativa alla realtà attuale caratterizzata da incertezza e staticità.
E adesso la notizia cattiva.
Oggi ho avuto l'ennesima dimostrazione di quanta meschinità ci sia nell'uomo.
Il riferimento è all'episodio del ferimento di Berlusconi.
Anch'io vorrei che Berlusconi si dimettesse (anche se non è vano chiedersi chi possa sostituirlo
nel mare magnum del malcostume politico), ma non gli auguro nè la morte nè festeggio il suo ferimento. Alla base del gesto di questa persona e di tanti altri gesti come questo (dalla scarpa scagliata contro Bush alle invettive di Castelli contro Saviano) c'è la medesima "distorsione", che affonda le radici nell'incapacità di comprendere che siamo "persone" prima che "ruoli", e che si nutre di ignoranza, meschinità e assoluta assenza di risorse.
L'accanimento e la violenza che vanno oltre la giusta e sana contestazione politica denotano infatti l'incapacità di assumere un ruolo attivo e risolutivo rispetto ai problemi.
L'Italia è, d'altra parte, affetta da grave immaturità politica. Nell'elettorato di destra come in quello di sinistra non vi è confronto nè crescita. Gli uni tendono a seguire il proprio idolo politico come le pecorelle il proprio pastore e gli altri si lasciano andare ad accesissime e vuote polemiche, senza riuscire a rappresentare una valida alternativa.
Ed in questo avvicendarsi di atteggiamenti siamo giunti al clima di assoluta incertezza e disorientamento di questi ultimi mesi.
Ma sono proprio gli eventi di questi giorni che mi fanno pensare che si stia arrivando ad un punto di rottura. La crisi politica esiste ed è grave. Berlusconi ormai si sta lasciando andare al delirio, spinto in questa direzione dai suoi oppositori e dai suoi vecchi alleati che cercano di prenderne le distanze, nella prospettiva di un nuovo governo. E proprio in questa prospettiva ciascuno sgomita nel tentativo di acquisire consensi. Anche se poi mi chiedo: giunti alla rottura, la popolazione come accoglierà il nuovo capo di governo, scelto tra i soliti noti?
La verità è che ci vorrebbe un rinnovamento ed uno svecchiamento della classe politica.
Occorrerebbero nuovi esponenti di nuovi partiti. Persone giovani, con una cultura internazionale ed al contempo fortemente legata all'Italia e ai suoi valori. Una classe politica versatile e
"polispecializzata", in grado di assolvere le proprie funzioni e di trainare l'Italia verso una reale crescita sociale.
In fondo vi è stata un'epoca antica in cui la politica era nelle mani dei sapienti.
Forse il momento di restituire la gestione della res publica a menti colte e illuminate è tornato, ma sarà nostro il compito di rendere ciò possibile.
A window over a world where the law becomes a tool at the service of creativity, technology and social growth.
2009/12/13
2009/12/04
Napoli: tra pubblicità e senso di realtà
Questa mattina leggevo alcuni blog del Corriere del Mezzogiorno e, tra i numerosi messaggi che riguardavano la nostra città, mi ha colpito un post sulla nuova campagna pubblicitaria della Regione Campania "Campania così bella che è vera" (http://www.youtube.com/watch?v=mGO_Mgo_dUA&feature=youtube_gdata) .
Quel che ha catturato la mia attenzione è stata la rilettura che l'autore del blog, commentando lo spot, ha offerto della situazione campana ed in particolare partenopea.
Nel post si legge: "la città appare sul piccolo schermo, d'improvviso riconoscibile tra un detersivo e un telefonino, in un'atmosfera plumbea ma di potente fascino, abitata da donne belle, eleganti e inquietanti, illuminata da una luce cupa, tagliente, tenebrosa. (...) E' Napoli? ci domandiamo passando da Annozero a X-Factor. Si, è Napoli. Rimaniamo impietriti di fronte allo schermo e osserviamo una città diversa da quella che immaginavamo di abitare, elegante, seducente ma anche spaventosa, tetra, minacciosa. Si. è lei, è Napoli, ci identifichiamo in quella immagine: ci rappresenta pienamente." Ed ancora, "la città ormai non è più vista (...) con il cielo azzurro, il mare blu, il sole giallo, i vicoli colorati, i mercati popolosi. La luce della città è diventata cruda, brutale, piena di ombre e dall'azzurro si è passati al grigio: il colore dell'immondizia, del fumo dei cassonetti bruciati, del cemento, dei topi, delle discariche, dei rifiuti, dell'asfalto insanguinato, della violenza, della camorra, della morte." Ed infine, "Forse è giusto allora che uno spot (uno spot istituzionale) tenti di ricostruire la sua bellezza partendo da un nuovo punto di vista, ed è giusto che lavori sul caos, sull'armonia perduta, sul disordine. Sarebbe sbagliato tentare di rivestire la città di turchese se oggi essa è famosa nel mondo per altri colori"(cit. dal Blog "Byte di Cemento" a cura di Diego Lama http://bytedicemento.corrieredelmezzogiorno.corriere.it/caserta/articoli/).
Ebbene, ciò che mi ha davvero colpito è stato il profondo "senso di realtà" che traspare da queste parole: un nuovo angolo visuale che, ove accompagnato da una visione costruttiva che guardi al futuro, potrebbe rappresentare (se condiviso dai più) il motore di un importante cambiamento per la nostra città.
Fino ad oggi i Napoletani hanno vissuto oscillando tra gloria per il tempo che fu, rassegnazione, incapacità di cogliere la gravità del baratro in cui la città stava sprofondando, indifferenza. Soprassedendo su quest'ultima che rappresenta il cancro della nostra società (non solo di quella napoletana), ugualmente dannosi, o meglio inutili, sono gli altri sentimenti con i quali il nostro popolo si è approcciato "all'involuzione" della città.
Ormai è inutile sperare che Napoli possa tornare ad essere quel che è stata...un atteggiamento reazionario non vale a nulla quando occorre una rivoluzione. Una rivoluzione che, prima di essere apprezzabile a livello nazionale ed internazionale, deve avvenire nella prospettiva individuale.
Ricordare, o immaginare per noi giovani, una Napoli diversa, come quella che appare nelle antiche stampe o nelle foto di famiglia può essere un esercizio storico, un momento in cui emozionarsi, ma nulla di più.
Il rischio, infatti, è che l'evoluzione sia bloccata dalla nostalgia del passato; un esperto di psicologia ben comprenderebbe queste parole che, tanto vere nel processo di crescita individuale, assumono un'importanza considerevole se applicate all'individuo nelle formazioni sociali.
Ecco dunque l'importanza di una nuova prospettiva fondata sul senso di realtà e che rifugga qualsiasi sentimento nostalgico o vanaglorioso, se non nella piccola misura in cui possa contribuire ad alimentare il desiderio di costruire una nuova immagine (sostenuta da una nuova "sostanza") del capoluogo partenopeo.
Si badi, parlo di "costruzione" e non di "restaurazione", per il motivo che esponevo poc'anzi: il passato non ritorna. Non avremo più la Napoli dell'anteguerra, nè la Napoli di Totò. Ma avremo una Napoli nuova, certamente orgogliosa dei fasti del passato, ma soprattutto forte e fiera di una rinascita difficile e sofferta. Più forte di chi non ha dovuto combattere, di chi non ha dovuto fare appello a tutte le proprie forze per riemergere.
A questo fine dico che è indispensabile osservare con lucidità quel che Napoli è divenuta, nella sua sostanza e nel riflesso che possiamo cogliere nei discorsi di chi non vi è nato e cresciuto, guardando con coraggio le ombre che avvolgono in un manto di grigiore una città la cui vitalità è stata spenta da decenni di indolenza e malaffare, ed accettandone come nostra la responsabilità.
In fin dei conti, si tratta di mettere in gioco noi stessi, per mettere in gioco il futuro della nostra città che dall'insieme di tutti noi è costituita.
Ben venga dunque la campagna promossa dalla Regione che ha avuto l'onestà di rappresentare nella sua realtà la nostra terra...affascinante ed inquietante al medesimo tempo, connotata di una bellezza che resiste nonostante tutto; uno spot che ne rivela un'immagine nuova e diversa che nella sua cupa eleganza lascia tuttavia intravedere, a mio avviso, anche il germe del cambiamento.
Questo spot testimonia infatti il passaggio ad un nuovo approccio, animato dalla volontà di
restituire, senza menzogne e idealizzazioni, un'immagine dignitosa della città.
restituire, senza menzogne e idealizzazioni, un'immagine dignitosa della città.
Nelle sequenze delle immagini non si legge, tra l'altro, solo il mescolarsi del fascino e dell'abbandono della Napoli contemporanea, ma si legge in esse anche la storia stessa della città con quel che, secondo la mia lettura, vorremmo fosse il lieto fine. Nelle prime immagini dello spot le donne, ancorchè evidentemente belle ed affascinanti appaiono tristi; la prima e la seconda immagine ricordano una Napoli antica, quella dei mercati popolari, del freddo e della povertà che pure rammentano una realtà ancora attuale; nella terza immagine compare una donna che cammina sola lungo un corridoio buio circondato di porticati solitari, in cui filtra appena la luce del giorno: un'immagine che evoca l'idea del percorso della città attraverso il grigiore di decenni senza luce. Questa immagine lascia poi il posto ad una donna semplice, appoggiata ad un muro, con il viso rivolto verso l'alto, l'aria di chi, vivendo nella sofferenza, spera e coglie la possibilità di una vita migliore. Muta d'improvviso la scena: un lenzuolo bianco, una donna elegantemente vestita e pettinata si fa strada in un vicoletto tra candide lenzuola stese, con l'aria sorridente, sorpresa,curiosa ed impaziente di chi sta scorgendo un mondo nuovo. Eloquente, il gesto delle braccia che aprono, impazienti e vittoriose, l'intrico di teli, consentendo alla donna di riemergere alla luce del giorno. Queste ultime immagini sembrano segnare, nello spot, il momento in cui si passa dalla speranza alla possibilità del cambiamento, così come la scena successiva evoca il momento del cambiamento stesso per concludere poi con l'immagine di una donna vestita di un abito rosso brillante che esprime, con la sua regalità e fermezza, l'orgoglio di una città che ha sofferto ma che placidamente ritorna a vivere.
Uno spot, due letture alternative eppure complementari. E soprattutto un medesimo fine: la rinascita di Napoli e dei suoi abitanti.
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