La notizia buona.
Questa mattina, con alcuni membri di "Quelli ke vogliono cambiare Napoli", a Piazza Plebiscito, abbiamo dato vita alla prima piccola iniziativa di sensibilizzazione dei cittadini.
I primi volantini, le prime reazioni.
Il primo passo, il primo piccolo risultato. Ma pur sempre un inizio, cui spero faccia seguito un moltiplicarsi di inziative e campagne di informazione.
E' questo, infatti, il punto di partenza per poter realizzare quel cambiamento che tanto desideriamo e per poter vedere esaudite quelle proposte che nella nostra mente vanno progressivamente delineandosi.
Questi sono i passi più difficili, perchè sono quelli in cui dobbiamo "rompere il ghiaccio", quelli in cui dobbiamo superare il muro di resistenza, indifferenza e diffidenza dei cittadini.
Ma dobbiamo essere determinati e avere pazienza, perchè sono certa che, quando avremo raggiunto credibilità e visibilità, quel muro si sgretolerà in mille pezzi.
Noi dobbiamo e possiamo diventare il cuscinetto tra un'amministrazione inesistente e una dilagante criminalità, quel cuscinetto che consentirà ai cittadini di scorgere la prospettiva di un mutamento, un'alternativa alla realtà attuale caratterizzata da incertezza e staticità.
E adesso la notizia cattiva.
Oggi ho avuto l'ennesima dimostrazione di quanta meschinità ci sia nell'uomo.
Il riferimento è all'episodio del ferimento di Berlusconi.
Anch'io vorrei che Berlusconi si dimettesse (anche se non è vano chiedersi chi possa sostituirlo
nel mare magnum del malcostume politico), ma non gli auguro nè la morte nè festeggio il suo ferimento. Alla base del gesto di questa persona e di tanti altri gesti come questo (dalla scarpa scagliata contro Bush alle invettive di Castelli contro Saviano) c'è la medesima "distorsione", che affonda le radici nell'incapacità di comprendere che siamo "persone" prima che "ruoli", e che si nutre di ignoranza, meschinità e assoluta assenza di risorse.
L'accanimento e la violenza che vanno oltre la giusta e sana contestazione politica denotano infatti l'incapacità di assumere un ruolo attivo e risolutivo rispetto ai problemi.
L'Italia è, d'altra parte, affetta da grave immaturità politica. Nell'elettorato di destra come in quello di sinistra non vi è confronto nè crescita. Gli uni tendono a seguire il proprio idolo politico come le pecorelle il proprio pastore e gli altri si lasciano andare ad accesissime e vuote polemiche, senza riuscire a rappresentare una valida alternativa.
Ed in questo avvicendarsi di atteggiamenti siamo giunti al clima di assoluta incertezza e disorientamento di questi ultimi mesi.
Ma sono proprio gli eventi di questi giorni che mi fanno pensare che si stia arrivando ad un punto di rottura. La crisi politica esiste ed è grave. Berlusconi ormai si sta lasciando andare al delirio, spinto in questa direzione dai suoi oppositori e dai suoi vecchi alleati che cercano di prenderne le distanze, nella prospettiva di un nuovo governo. E proprio in questa prospettiva ciascuno sgomita nel tentativo di acquisire consensi. Anche se poi mi chiedo: giunti alla rottura, la popolazione come accoglierà il nuovo capo di governo, scelto tra i soliti noti?
La verità è che ci vorrebbe un rinnovamento ed uno svecchiamento della classe politica.
Occorrerebbero nuovi esponenti di nuovi partiti. Persone giovani, con una cultura internazionale ed al contempo fortemente legata all'Italia e ai suoi valori. Una classe politica versatile e
"polispecializzata", in grado di assolvere le proprie funzioni e di trainare l'Italia verso una reale crescita sociale.
In fondo vi è stata un'epoca antica in cui la politica era nelle mani dei sapienti.
Forse il momento di restituire la gestione della res publica a menti colte e illuminate è tornato, ma sarà nostro il compito di rendere ciò possibile.
A window over a world where the law becomes a tool at the service of creativity, technology and social growth.
2009/12/13
2009/12/04
Napoli: tra pubblicità e senso di realtà
Questa mattina leggevo alcuni blog del Corriere del Mezzogiorno e, tra i numerosi messaggi che riguardavano la nostra città, mi ha colpito un post sulla nuova campagna pubblicitaria della Regione Campania "Campania così bella che è vera" (http://www.youtube.com/watch?v=mGO_Mgo_dUA&feature=youtube_gdata) .
Quel che ha catturato la mia attenzione è stata la rilettura che l'autore del blog, commentando lo spot, ha offerto della situazione campana ed in particolare partenopea.
Nel post si legge: "la città appare sul piccolo schermo, d'improvviso riconoscibile tra un detersivo e un telefonino, in un'atmosfera plumbea ma di potente fascino, abitata da donne belle, eleganti e inquietanti, illuminata da una luce cupa, tagliente, tenebrosa. (...) E' Napoli? ci domandiamo passando da Annozero a X-Factor. Si, è Napoli. Rimaniamo impietriti di fronte allo schermo e osserviamo una città diversa da quella che immaginavamo di abitare, elegante, seducente ma anche spaventosa, tetra, minacciosa. Si. è lei, è Napoli, ci identifichiamo in quella immagine: ci rappresenta pienamente." Ed ancora, "la città ormai non è più vista (...) con il cielo azzurro, il mare blu, il sole giallo, i vicoli colorati, i mercati popolosi. La luce della città è diventata cruda, brutale, piena di ombre e dall'azzurro si è passati al grigio: il colore dell'immondizia, del fumo dei cassonetti bruciati, del cemento, dei topi, delle discariche, dei rifiuti, dell'asfalto insanguinato, della violenza, della camorra, della morte." Ed infine, "Forse è giusto allora che uno spot (uno spot istituzionale) tenti di ricostruire la sua bellezza partendo da un nuovo punto di vista, ed è giusto che lavori sul caos, sull'armonia perduta, sul disordine. Sarebbe sbagliato tentare di rivestire la città di turchese se oggi essa è famosa nel mondo per altri colori"(cit. dal Blog "Byte di Cemento" a cura di Diego Lama http://bytedicemento.corrieredelmezzogiorno.corriere.it/caserta/articoli/).
Ebbene, ciò che mi ha davvero colpito è stato il profondo "senso di realtà" che traspare da queste parole: un nuovo angolo visuale che, ove accompagnato da una visione costruttiva che guardi al futuro, potrebbe rappresentare (se condiviso dai più) il motore di un importante cambiamento per la nostra città.
Fino ad oggi i Napoletani hanno vissuto oscillando tra gloria per il tempo che fu, rassegnazione, incapacità di cogliere la gravità del baratro in cui la città stava sprofondando, indifferenza. Soprassedendo su quest'ultima che rappresenta il cancro della nostra società (non solo di quella napoletana), ugualmente dannosi, o meglio inutili, sono gli altri sentimenti con i quali il nostro popolo si è approcciato "all'involuzione" della città.
Ormai è inutile sperare che Napoli possa tornare ad essere quel che è stata...un atteggiamento reazionario non vale a nulla quando occorre una rivoluzione. Una rivoluzione che, prima di essere apprezzabile a livello nazionale ed internazionale, deve avvenire nella prospettiva individuale.
Ricordare, o immaginare per noi giovani, una Napoli diversa, come quella che appare nelle antiche stampe o nelle foto di famiglia può essere un esercizio storico, un momento in cui emozionarsi, ma nulla di più.
Il rischio, infatti, è che l'evoluzione sia bloccata dalla nostalgia del passato; un esperto di psicologia ben comprenderebbe queste parole che, tanto vere nel processo di crescita individuale, assumono un'importanza considerevole se applicate all'individuo nelle formazioni sociali.
Ecco dunque l'importanza di una nuova prospettiva fondata sul senso di realtà e che rifugga qualsiasi sentimento nostalgico o vanaglorioso, se non nella piccola misura in cui possa contribuire ad alimentare il desiderio di costruire una nuova immagine (sostenuta da una nuova "sostanza") del capoluogo partenopeo.
Si badi, parlo di "costruzione" e non di "restaurazione", per il motivo che esponevo poc'anzi: il passato non ritorna. Non avremo più la Napoli dell'anteguerra, nè la Napoli di Totò. Ma avremo una Napoli nuova, certamente orgogliosa dei fasti del passato, ma soprattutto forte e fiera di una rinascita difficile e sofferta. Più forte di chi non ha dovuto combattere, di chi non ha dovuto fare appello a tutte le proprie forze per riemergere.
A questo fine dico che è indispensabile osservare con lucidità quel che Napoli è divenuta, nella sua sostanza e nel riflesso che possiamo cogliere nei discorsi di chi non vi è nato e cresciuto, guardando con coraggio le ombre che avvolgono in un manto di grigiore una città la cui vitalità è stata spenta da decenni di indolenza e malaffare, ed accettandone come nostra la responsabilità.
In fin dei conti, si tratta di mettere in gioco noi stessi, per mettere in gioco il futuro della nostra città che dall'insieme di tutti noi è costituita.
Ben venga dunque la campagna promossa dalla Regione che ha avuto l'onestà di rappresentare nella sua realtà la nostra terra...affascinante ed inquietante al medesimo tempo, connotata di una bellezza che resiste nonostante tutto; uno spot che ne rivela un'immagine nuova e diversa che nella sua cupa eleganza lascia tuttavia intravedere, a mio avviso, anche il germe del cambiamento.
Questo spot testimonia infatti il passaggio ad un nuovo approccio, animato dalla volontà di
restituire, senza menzogne e idealizzazioni, un'immagine dignitosa della città.
restituire, senza menzogne e idealizzazioni, un'immagine dignitosa della città.
Nelle sequenze delle immagini non si legge, tra l'altro, solo il mescolarsi del fascino e dell'abbandono della Napoli contemporanea, ma si legge in esse anche la storia stessa della città con quel che, secondo la mia lettura, vorremmo fosse il lieto fine. Nelle prime immagini dello spot le donne, ancorchè evidentemente belle ed affascinanti appaiono tristi; la prima e la seconda immagine ricordano una Napoli antica, quella dei mercati popolari, del freddo e della povertà che pure rammentano una realtà ancora attuale; nella terza immagine compare una donna che cammina sola lungo un corridoio buio circondato di porticati solitari, in cui filtra appena la luce del giorno: un'immagine che evoca l'idea del percorso della città attraverso il grigiore di decenni senza luce. Questa immagine lascia poi il posto ad una donna semplice, appoggiata ad un muro, con il viso rivolto verso l'alto, l'aria di chi, vivendo nella sofferenza, spera e coglie la possibilità di una vita migliore. Muta d'improvviso la scena: un lenzuolo bianco, una donna elegantemente vestita e pettinata si fa strada in un vicoletto tra candide lenzuola stese, con l'aria sorridente, sorpresa,curiosa ed impaziente di chi sta scorgendo un mondo nuovo. Eloquente, il gesto delle braccia che aprono, impazienti e vittoriose, l'intrico di teli, consentendo alla donna di riemergere alla luce del giorno. Queste ultime immagini sembrano segnare, nello spot, il momento in cui si passa dalla speranza alla possibilità del cambiamento, così come la scena successiva evoca il momento del cambiamento stesso per concludere poi con l'immagine di una donna vestita di un abito rosso brillante che esprime, con la sua regalità e fermezza, l'orgoglio di una città che ha sofferto ma che placidamente ritorna a vivere.
Uno spot, due letture alternative eppure complementari. E soprattutto un medesimo fine: la rinascita di Napoli e dei suoi abitanti.
2009/07/17
Cari Napoletani, non arrendiamoci!
Credo che difficilmente dimenticherò gli ultimi 7 mesi della mia vita.
Per mesi mi sono sentita ripetere la stessa frase...ovunque andassi, qualunque cosa facessi, il ritornello era sempre lo stesso: "perchè sei tornata?Hai commesso una sciocchezza, questa è una città morta!"
Pochi possono immaginare il dolore che si può provare nell'udire queste parole, quando senti dentro di te che non è così, che qualcosa di buono ancora c'è nella tua terra e che bisogna tirarlo fuori, valorizzarlo...quando senti di non poter lasciare che quella città sprofondi nella rassegnazione e nell'abbandono...quando senti la vita pulsare ancora nelle sue viscere...quando senti che è arrivato il momento di assumere un atteggiamento positivo all'insegna della rinascita e del cambiamento!
Ed ora eccomi, nonostante le infauste previsioni di molti, a condividere la mia vita ed il mio lavoro con le persone che desideravo, nella città che desideravo, costruendo mattoncino su mattoncino il mio futuro e, con il mio sia pur minuscolo apporto, il futuro della mia città.
Non è stato facile, ma sento che ne è valsa la pena!
Cari Napoletani, questa meravigliosa terra ancora merita la nostra fiducia, il nostro amore ed i nostri sacrifici.
Non arrendiamoci!
E presto nei nostri sguardi tornerà la fierezza e l'orgoglio che ci contraddistingue!
Per mesi mi sono sentita ripetere la stessa frase...ovunque andassi, qualunque cosa facessi, il ritornello era sempre lo stesso: "perchè sei tornata?Hai commesso una sciocchezza, questa è una città morta!"
Pochi possono immaginare il dolore che si può provare nell'udire queste parole, quando senti dentro di te che non è così, che qualcosa di buono ancora c'è nella tua terra e che bisogna tirarlo fuori, valorizzarlo...quando senti di non poter lasciare che quella città sprofondi nella rassegnazione e nell'abbandono...quando senti la vita pulsare ancora nelle sue viscere...quando senti che è arrivato il momento di assumere un atteggiamento positivo all'insegna della rinascita e del cambiamento!
Ed ora eccomi, nonostante le infauste previsioni di molti, a condividere la mia vita ed il mio lavoro con le persone che desideravo, nella città che desideravo, costruendo mattoncino su mattoncino il mio futuro e, con il mio sia pur minuscolo apporto, il futuro della mia città.
Non è stato facile, ma sento che ne è valsa la pena!
Cari Napoletani, questa meravigliosa terra ancora merita la nostra fiducia, il nostro amore ed i nostri sacrifici.
Non arrendiamoci!
E presto nei nostri sguardi tornerà la fierezza e l'orgoglio che ci contraddistingue!
2009/04/07
Un pensiero per l'Abruzzo
Guardo fuori...
la primavera è arrivata
con i suoi suoni, i profumi, i colori
altrove tuttavia la dolcezza della natura ha lasciato posto
alla distruzione, alla tragedia, alla morte.
Quella natura che può essere così dolce e consolatoria
si è scatenata malevola contro l'uomo
rendendolo solo.
la primavera è arrivata
con i suoi suoni, i profumi, i colori
altrove tuttavia la dolcezza della natura ha lasciato posto
alla distruzione, alla tragedia, alla morte.
Quella natura che può essere così dolce e consolatoria
si è scatenata malevola contro l'uomo
rendendolo solo.
2009/03/30
Forum della Comunicazione '09: qualche riflessione
Venerdì ho partecipato al Forum della Comunicazione tenutosi al Palazzo dei Congressi di Roma.
Non l'ho vissuto al 100% perchè ho partecipato solo alla sessione pomeridiana, ma è stata comunque un'esperienza interessante.
Mi sarebbe piaciuto qualche approfondimento ulteriore, ma i tempi del convegno erano abbastanza stretti.
Ho apprezzato l'intervento di Layla Pavone che, per chi non la conoscesse, è il Presidente dello IAB, un'associazione che cura lo sviluppo del mercato in materia di advertising on-line.
Tema centrale del suo intervento è stata l'annosa questione del direct marketing, affrontata anche dagli altri relatori, tra cui cito l'Avvocato Maglio, che si è preoccupato di tracciarne i profili privacy.
L'associazione in argomento ha redatto infatti una sorta di codice deontologico destinato alle imprese che operano nel citato settore ed ispirato alla necessità di creare un tessuto di norme etiche e morali che ne indirizzino l'agire nel contatto con il cliente.
Per quanto giudichi FONDAMENTALE l'azione di tale associazione, negli intenti e nell'applicazione concreta, stante anche il numero di imprese che ad essa sono legate, non ritengo del tutto condivisibile l'affermazione del Presidente secondo cui "il mercato è in grado di regolarsi da solo".
Certamente è possibile creare un tessuto di norme all'interno del mercato stesso, specialmente se discorriamo di regole di condotta ispirate a criteri etici e morali. Ma non sono del tutto persuasa che tale sistema di regole possa ritenersi necessario e sufficiente allo scopo che si propone di raggiungere.
Accanto a regole autoprodotte occorrono anche norme provenienti da un soggetto esterno al mercato che sia in grado, grazie ad una visione d'insieme, di bilanciare gli interessi in gioco.
Accanto a regole autoprodotte occorrono anche norme provenienti da un soggetto esterno al mercato che sia in grado, grazie ad una visione d'insieme, di bilanciare gli interessi in gioco.
La preoccupazione che induce le imprese e gli esponenti di detta associazione a diffidare dell'imposizione di norme di matrice legislativa, attiene al rischio di veder soffocato il mercato da eccessi di tutela, del tutto ingiustificati.
Non si può certamente ignorare l'esistenza di tale rischio, ma ritengo che anzichè rifiutare l'intervento del legislatore sia più utile porsi criticamente dinanzi a tali interventi.
I codici deontologici autoprodotti dagli operatori del mercato sono utili, ma incontrano un limite oggettivo rappresentato da quel difetto di generalità ed astrattezza tipico invece delle norme legislative. Un limite che diventa ancora più evidente se pensiamo che spesso tali codici si applicano unicamente alle imprese che li sottoscrivono.
Possiamo dunque affermare il mercato è in grado di regolarsi da sè, solo se riconosciamo i limiti dell'autoregolamentazione.
Il che non significa naturalmente soggiacere passivamente alla norma eteroprodotta, ma anzi porsi in relazione dinamica con essa.
Ciò ci consente forse di fare un passo ulteriore, attribuendo un diverso significato all'autoregolamentazione.
Infatti potremmo dire che il mercato è in grado di autoregolarsi nel senso e nella misura in cui riesce a porsi in maniera attiva nel rapporto con gli organi legislativi al fine di manifestare le proprie istanze, e contribuire alla posizione della norma.
Soltanto a tale condizione d'altra parte si può far sì che la legislazione statale non soffochi la vitalità del mercato.
E', in soldoni, una questione di bilanciamento: la norma deve e può essere espressione delle molteplici voci in gioco: dei cittadini e delle imprese.
Un bilanciamento che sarà possibile solo se alla base di esso vi sarà una cooperazione fondata su un dialogo costruttivo e maturo tra le parti coinvolte, bandendo l'eterna oscillazione tra vuoti normativi ed eccessi di tutela, in una logica di efficienza e semplificazione.
2009/03/19
Telemarketing: Atto III
Eccoci al terzo episodio della Saga “Telemarketing: quali le tecniche di difesa per gli utenti?”
Un tema al quale mi sono particolarmente affezionata.
Non è accanimento, ma curiosità nel seguire gli sviluppi di un processo legislativo e regolamentare con cui mi sono attivamente confrontata lo scorso autunno, nel prestare consulenza ad un’importante società coinvolta nello scandalo del “telemarketing selvaggio”.
Il terzo episodio della Saga vede nuovamente protagonista il Garante Privacy che, all’entrata in vigore della Legge n. 14 del 2009, aveva rassicurato i consumatori sulla futura adozione di misure a salvaguardia della loro privacy.
Per chi non lo sapesse, con quest’intervento normativo, il Legislatore ha autorizzato l’uso per attività di telemarketing, fino al 31 dicembre 2009, dei dati personali presenti nelle banche dati, costituite sulla base di elenchi telefonici pubblici formati prima del 1° agosto 2005.
Questa legge ha suscitato non poco scalpore, considerato che fino a pochi mesi prima il Garante Privacy aveva promosso numerose iniziative ed interventi al fine di contenere il fenomeno delle telefonate indesiderate.
L’opinione era che i poveri utenti potessero essere disturbati unicamente previo consenso ma, a quanto pare, adesso, potranno essere contattati telefonicamente o per posta, per l’acquisto di prodotti o servizi, anche coloro che non hanno dato il loro consenso ed anche chi ha ottenuto la cancellazione dagli elenchi dopo il 2005.
Non saranno felici di questa scelta tutti coloro che, almeno una volta nella vita, allo squillare insistente del telefono, sono usciti di corsa dalla doccia completamente insaponati, per sentire all’altro capo del telefono la signorina di turno che (non sempre gentilmente) cercava di proporre l’acquisto di surgelati, abbonamenti telefonici, lezioni di inglese, vini e chi più ne ha più ne metta.
Per non parlare del telefono che squilla il sabato, esattamente nel momento in cui, seduto a tavola con la famiglia, hai le papille gustative già in azione e la forchetta pronta per affondare in uno succulento filetto in agrodolce, costringendoti a ridestarti da quello stato di grazia, per rifiutare il miliardesimo abbonamento alla pay tv propostoti nell’ultima settimana.
Torniamo seri.
Non voglio esser polemica e d’altra parte ciascuno fa il proprio lavoro.
Ma forse sarebbe il caso che ciascuno lo facesse “bene” quel lavoro, con coscienza e capacità.
Mi rendo conto anche del fatto che la scelta del Legislatore di prorogare la liceità di tali telefonate nasce dall’esigenza di contemperare i numerosi interessi in gioco.
Usciamo dal mondo delle favole e cerchiamo infatti di vedere come sono davvero le cose nella realtà.
La vendita, la pubblicità e le indagini telefoniche rappresentano oggi uno degli strumenti più redditizi adoperati dalle imprese per accrescere il numero di persone raggiunte dai servizi e dalle promozioni di ciascuna azienda e dunque per ampliare la propria fetta di mercato e, ovviamente, gli introiti. Tale ultimo aspetto è particolarmente significativo soprattutto se si considera che i costi sostenuti dalle imprese nello svolgimento di tali attività non sono poi così alti. Elemento che aprirebbe, tra l’altro, una serie infinita di considerazioni: prima fra tutte, la circostanza che i call center delegati dalle aziende alle attività di telemarketing sono per lo più composti da giovani (ma non solo) assolutamente sottopagati.
C’è da dire che il problema del lavoro degli impiegati nei call center, sia pure sotto il profilo prettamente materiale del “posto di lavoro” è stato senza dubbio uno degli elementi presi in considerazione dal Legislatore nella scelta di consentire ancora l’uso di dati personali, ancorché non supportato dal necessario consenso.
Nell’eventualità di una diversa scelta molti call center sarebbero stati chiusi, privando di reddito un numero elevato di persone. Sembra infatti che circa 30.000 siano gli addetti a tali servizi.
Specialmente in un momento di profonda crisi, come quello che stiamo vivendo, una linea troppo restrittiva difficilmente sarebbe stata accolta con favore.
Il contemperamento degli interessi in gioco, a livello sociale ed economico, ma anche spiccatamente politico ha condotto a questa scelta.
Dopotutto non mi sento neanche di condannarla completamente, ma ritengo che se gli interessi di cui sopra necessitano di tutela, parimenti tutelati devono essere i diritti degli utenti.
Avevo accolto con una certa ironia le promesse del Garante, ma almeno formalmente nuove misure di tutela sono state assunte.
Innanzitutto, le società che si occupano di telemarketing dovranno fornire adeguata documentazione per attestare che la banca dati con le informazioni sugli abbonati sia stata effettivamente creata prima del 1 agosto 2005, comunicando altresì al Garante l’intenzione di utilizzare i dati in esse contenute a fini promozionali, specificando infine se il trattamento dei dati sia effettuato anche per conto terzi.
In secondo luogo, tali dati non potranno essere ceduti a terzi al fine di impedire che vengano create, illecitamente, nuove banche dati che eluderebbero la limitazione temporale della proroga.
Inoltre, all’atto della telefonata gli addetti dei call center dovranno menzionare la società per conto di cui stanno chiamando ed indicare agli abbonati i propri diritti, registrando immediatamente l’eventuale dissenso dell’utente ad essere nuovamente contattato.
In tal caso, tra l’altro, l’utente potrà chiedere il nome dell’operatore a cui ha comunicato la propria volontà di non ricevere più telefonate promozionali.
Onestamente, per il futuro, non confido molto in un mutamento di prospettiva da parte del Legislatore. Non credo cioè che il prossimo anno saranno adottate regole diversamente ispirate in materia di telemarketing, proprio perché sono in gioco troppi interessi.
Se non si è riusciti a proseguire sulla via della restrizione in un momento “caldo” come quello seguito allo scorso autunno, difficilmente si riprenderà quella strada dopo questa marcia indietro.
D’altra parte si è creato un equilibrio (o forse sarebbe meglio dire un groviglio) di interessi che soltanto manovre molto ben articolate potrebbero mutare.
Ritengo che in una tale situazione il ruolo del Garante sia fondamentale per mantenere un adeguato livello di tutela della privacy degli utenti.
Consentiamo il telemarketing, ma facciamo sì che gli operatori rispettino delle regole che possano tutelarci dagli abusi.
Come si suol dire il giusto sta nel mezzo e credo che sia interesse stesso delle imprese non tirare troppo la corda adesso che hanno ottenuto un “trattamento di favore”.
Un tema al quale mi sono particolarmente affezionata.
Non è accanimento, ma curiosità nel seguire gli sviluppi di un processo legislativo e regolamentare con cui mi sono attivamente confrontata lo scorso autunno, nel prestare consulenza ad un’importante società coinvolta nello scandalo del “telemarketing selvaggio”.
Il terzo episodio della Saga vede nuovamente protagonista il Garante Privacy che, all’entrata in vigore della Legge n. 14 del 2009, aveva rassicurato i consumatori sulla futura adozione di misure a salvaguardia della loro privacy.
Per chi non lo sapesse, con quest’intervento normativo, il Legislatore ha autorizzato l’uso per attività di telemarketing, fino al 31 dicembre 2009, dei dati personali presenti nelle banche dati, costituite sulla base di elenchi telefonici pubblici formati prima del 1° agosto 2005.
Questa legge ha suscitato non poco scalpore, considerato che fino a pochi mesi prima il Garante Privacy aveva promosso numerose iniziative ed interventi al fine di contenere il fenomeno delle telefonate indesiderate.
L’opinione era che i poveri utenti potessero essere disturbati unicamente previo consenso ma, a quanto pare, adesso, potranno essere contattati telefonicamente o per posta, per l’acquisto di prodotti o servizi, anche coloro che non hanno dato il loro consenso ed anche chi ha ottenuto la cancellazione dagli elenchi dopo il 2005.
Non saranno felici di questa scelta tutti coloro che, almeno una volta nella vita, allo squillare insistente del telefono, sono usciti di corsa dalla doccia completamente insaponati, per sentire all’altro capo del telefono la signorina di turno che (non sempre gentilmente) cercava di proporre l’acquisto di surgelati, abbonamenti telefonici, lezioni di inglese, vini e chi più ne ha più ne metta.
Per non parlare del telefono che squilla il sabato, esattamente nel momento in cui, seduto a tavola con la famiglia, hai le papille gustative già in azione e la forchetta pronta per affondare in uno succulento filetto in agrodolce, costringendoti a ridestarti da quello stato di grazia, per rifiutare il miliardesimo abbonamento alla pay tv propostoti nell’ultima settimana.
Torniamo seri.
Non voglio esser polemica e d’altra parte ciascuno fa il proprio lavoro.
Ma forse sarebbe il caso che ciascuno lo facesse “bene” quel lavoro, con coscienza e capacità.
Mi rendo conto anche del fatto che la scelta del Legislatore di prorogare la liceità di tali telefonate nasce dall’esigenza di contemperare i numerosi interessi in gioco.
Usciamo dal mondo delle favole e cerchiamo infatti di vedere come sono davvero le cose nella realtà.
La vendita, la pubblicità e le indagini telefoniche rappresentano oggi uno degli strumenti più redditizi adoperati dalle imprese per accrescere il numero di persone raggiunte dai servizi e dalle promozioni di ciascuna azienda e dunque per ampliare la propria fetta di mercato e, ovviamente, gli introiti. Tale ultimo aspetto è particolarmente significativo soprattutto se si considera che i costi sostenuti dalle imprese nello svolgimento di tali attività non sono poi così alti. Elemento che aprirebbe, tra l’altro, una serie infinita di considerazioni: prima fra tutte, la circostanza che i call center delegati dalle aziende alle attività di telemarketing sono per lo più composti da giovani (ma non solo) assolutamente sottopagati.
C’è da dire che il problema del lavoro degli impiegati nei call center, sia pure sotto il profilo prettamente materiale del “posto di lavoro” è stato senza dubbio uno degli elementi presi in considerazione dal Legislatore nella scelta di consentire ancora l’uso di dati personali, ancorché non supportato dal necessario consenso.
Nell’eventualità di una diversa scelta molti call center sarebbero stati chiusi, privando di reddito un numero elevato di persone. Sembra infatti che circa 30.000 siano gli addetti a tali servizi.
Specialmente in un momento di profonda crisi, come quello che stiamo vivendo, una linea troppo restrittiva difficilmente sarebbe stata accolta con favore.
Il contemperamento degli interessi in gioco, a livello sociale ed economico, ma anche spiccatamente politico ha condotto a questa scelta.
Dopotutto non mi sento neanche di condannarla completamente, ma ritengo che se gli interessi di cui sopra necessitano di tutela, parimenti tutelati devono essere i diritti degli utenti.
Avevo accolto con una certa ironia le promesse del Garante, ma almeno formalmente nuove misure di tutela sono state assunte.
Innanzitutto, le società che si occupano di telemarketing dovranno fornire adeguata documentazione per attestare che la banca dati con le informazioni sugli abbonati sia stata effettivamente creata prima del 1 agosto 2005, comunicando altresì al Garante l’intenzione di utilizzare i dati in esse contenute a fini promozionali, specificando infine se il trattamento dei dati sia effettuato anche per conto terzi.
In secondo luogo, tali dati non potranno essere ceduti a terzi al fine di impedire che vengano create, illecitamente, nuove banche dati che eluderebbero la limitazione temporale della proroga.
Inoltre, all’atto della telefonata gli addetti dei call center dovranno menzionare la società per conto di cui stanno chiamando ed indicare agli abbonati i propri diritti, registrando immediatamente l’eventuale dissenso dell’utente ad essere nuovamente contattato.
In tal caso, tra l’altro, l’utente potrà chiedere il nome dell’operatore a cui ha comunicato la propria volontà di non ricevere più telefonate promozionali.
Onestamente, per il futuro, non confido molto in un mutamento di prospettiva da parte del Legislatore. Non credo cioè che il prossimo anno saranno adottate regole diversamente ispirate in materia di telemarketing, proprio perché sono in gioco troppi interessi.
Se non si è riusciti a proseguire sulla via della restrizione in un momento “caldo” come quello seguito allo scorso autunno, difficilmente si riprenderà quella strada dopo questa marcia indietro.
D’altra parte si è creato un equilibrio (o forse sarebbe meglio dire un groviglio) di interessi che soltanto manovre molto ben articolate potrebbero mutare.
Ritengo che in una tale situazione il ruolo del Garante sia fondamentale per mantenere un adeguato livello di tutela della privacy degli utenti.
Consentiamo il telemarketing, ma facciamo sì che gli operatori rispettino delle regole che possano tutelarci dagli abusi.
Come si suol dire il giusto sta nel mezzo e credo che sia interesse stesso delle imprese non tirare troppo la corda adesso che hanno ottenuto un “trattamento di favore”.
P.s. Chi volesse saperne di più sul tema, può leggere i miei articoli su Filodiritto, appositamente linkati!
2009/03/17
Un blog per un progetto!
In questi giorni mi è capitato spesso di raccontare agli amici di cosa mi occupo e mi sono resa conto delle potenzialità di questo blog nella realizzazione del mio progetto professionale!
Chi mi conosce, ed anche chi ha appena iniziato a seguirmi, ha capito quanto io consideri importante la "comunicazione delle esperienze".
Ebbene questo blog, che nasce in una fase inizale del mio progetto professionale, ne testimonierà l'evoluzione e, spero, la realizzazione!
Sarà, come anticipato nella presentazione, una finestra su un nuovo modo di vivere la professione forense, ma anche uno strumento per incitare al cambiamento un Sud assopito.
Penso alla mia città e ho la sensazione che qualche timido raggio di sole si stia facendo spazio tra le nuvole.
Tra i miei coetanei inizio a percepire un atteggiamento nuovo, come se quel clima di rassegnazione che da anni caratterizza la comunità napoletana stesse iniziando ad incrinarsi per lasciar posto ad un sentimento nuovo: la vergogna. Ed il desiderio di riscatto.
Certo siamo ancora lontani da una rinascita, ma si avverte quel "brusio" di sottofondo, quasi impercettibile, che aleggia nei vicoli prima della rivoluzione.
Potrà sembrare paradossale, ma credo che la crisi che affligge l'economia mondiale in questi mesi possa sollecitare, nonostante le sue drammatiche ed evidenti implicazioni, anche un importante cambiamento.
Ad esser chiari, dinanzi alla crisi due sono le possibilità, specialmente per i più giovani: volare verso mete più sicure o rimboccarsi le maniche ed aguzzare l'ingegno.
In tempi non sospetti io ho scelto la prima opzione, giungendo come molti quasi a rinnegare la mia città (e lo dico senza imbarazzo per spirito di onestà), ma oggi scelgo consapevolmente la seconda possibilità.
Molti lasciano il Sud perchè offre poco o nulla e francamente come dar torto a chi, dopo anni di sacrifici sui libri, decide di lasciarsi alle spalle il profumo del mare, per veder soddisfatte le proprie ambizioni tra le nebbie del Nord (non me ne vogliano i miei amici e colleghi milanesi!).
Figurarsi nel mio caso, considerato che mi occupo di un settore del diritto qui quasi inesistente.
Eppure credo nel potere dei progetti di educazione.
Soltanto se si risucirà a creare un tessuto di imprese "al passo coi tempi", per piccole che esse siano, la fuga verso il Nord potrà subire una riduzione e si potrà cominciare a costruire qualcosa.
E chi ha voglia di partecipare ad un progetto di rinnovazione deve farlo adesso...sì proprio in questa fase di profonda crisi, perchè per banale che possa sembrare, è nei momenti più bui della storia economica e sociale che si gettano le basi del cambiamento.
L'attuale situazione potrebbe dunque rappresentare lo sprone per cercare soluzioni innovative, ed è per questo che ritengo che dobbiamo e possiamo inserirci positivamente in questo meccanismo con fare propositivo, accollandoci il rischio di non riuscire ma anche godendo dell'immensa soddisfazione di partecipare ad un progetto di crescita che non coinvolge solo noi ma tutta la società.
Che cosa faccio e farò io?
Io mi occupo di e-commerce, pubblicità, privacy e diritto d'autore.
Ebbene, il mio progetto non consiste solo nel metter su un "mio" studio legale che possa offrire, in associazione con altri professionisti, una consulenza alle imprese, ma anche e soprattutto di svegliare gli animi e, con un'attività sia da "solista" che in collaborazione con altre organizzazioni, riuscire a spingere le piccole e medie imprese ad avvicinarsi a quegli strumenti che possano accrescerne la produttività e, tenuto conto dei tempi, aiutarle ad uscire dalla odierna crisi.
E' un progetto ambizioso, ma non presuntuoso.
E soprattutto è un progetto che, seppur nato a seguito di un percorso molto articolato e a volte travagliato, è ricco di entusiasmo.
A onor del vero credo che, ad oggi, nessuna scelta della mia vita sia stata così naturale ed istintiva. E questo mi fa pensare di essere sulla strada giusta.
Questo blog sarà la testimonianza di un percorso ed un'occasione di confronto per tutti coloro che avranno voglia di seguirmi!
2009/03/15
Qualcosa su di me e su come la penso!
Ho sempre pensato che la scrittura rappresentasse un elemento irrinunciabile della mia vita!
Uno strumento attraverso cui esprimere me stessa e comprendere la realtà che mi circonda...uno strumento con cui "intrappolare", come in una foto, pensieri e sensazioni di un momento!
Ho amato ed amo così tanto la scrittura da aver pensato di diventare giornalista...ma la vita mi ha portato altrove e di questo sono felice perchè il giornalismo moderno è spesso deludente.
Adesso sono un avvocato e amo il diritto quasi quanto la scrittura.
Ma è solo la fusione di questi due elementi che mi dà una maggior sensazione di completezza.
La scrittura diventa un mezzo attraverso cui la conoscenza giuridica si può diffondere, assolvendo ad una reale funzione di evoluzione sociale.
Ed è quest'ultimo aspetto che mi interessa particolarmente, tanto da avermi spinto ad interpretare diversamente il senso della mia professione.
Dopo la laurea ho seguito un percorso molto articolato, fatto di molteplici esperienze interessanti, ma soltanto l'ultima mi ha lasciato davvero qualcosa.
Per caso o per destino ho cominciato ad occuparmi di diritto delle comunicazioni ed ho sentito che avevo trovato qualcosa che mi apparteneva. Non era il luogo, il tempo e la circostanza adatta a me, ma c'era qualcosa in quella materia che sollecitava le corde del mio inconscio.
Adesso sono di nuovo nella mia città e un pò per vocazione e un pò per scommessa ho deciso di dedicare la mia vita professionale a questo mondo.
Sarà incoscienza o coraggio, non lo so, ma ho scelto di ricominciare nella mia città, di darle, nonostante i suoi numerosi detrattori e nonostante le oggettive difficoltà, una possibilità.
Il mondo della comunicazione non conosce, o almeno non dovrebbe conoscere, limiti geografici e rappresenta il migliore strumento di evoluzione sociale, qualunque sia la sua forma (musica, arte, scrittura...) e qualunque sia lo strumento con cui si attua.
E quando penso ad uno strumento di attuazione penso soprattutto ad internet, poichè riassume in sè le potenzialità di tutti i mezzi materiali di comunicazione.
Internet è libertà ed opportunità.
Libertà di esprimersi e manifestare ciò che si è e si sa.
Opportunità di entrare in contatto con il mondo, con tutte le possibili implicazioni sociali ed economiche che possono conseguirne.
Per questo credo che sia fondamentale investire in questo settore, specialmente al Sud.
Molti adoperano internet, nella vita privata e nel lavoro, ma pochi ne conoscono le reali potenzialità e le inevitabili criticità.
Credo dunque che chi si occupa di comunicazione debba assolvere innanzitutto ad uno scopo di "formazione" e "divulgazione", ciascuno in relazione alle conoscenze maturate nel proprio ambito professionale.
Sicuramente il diritto rappresenta oggi un elemento indefettibile del mondo della comunicazione, nella misura in cui disciplina l'uso delle tecnologie di comunicazione nonchè i rapporti economici e sociali che ne derivano.
Per questo ritengo che un avvocato che si occupi di diritto delle comunicazioni debba doverosamente svolgere anche una funzione di "formazione".
Così interpreto la mia vita professionale e spero di non essere l'unica, soprattutto in questa città che ha bisogno oggi più che mai di persone che vogliano offrirle una possibiltà di rinascere.
Certo era tutto più facile in una città per tanti aspetti migliore della mia in una realtà lavorativa più evoluta, e ci saranno ancora giorni in cui avrò voglia di rifare le valigie, ma dopotutto la vita, senza sfide, che sapore ha?
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